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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

È significativo che col declino dei Sili e degli Zucca i rivali che li ave-

vano estromessi dal governo della città siano loro subentrati anche nel-

l’occupazione dello spazio urbano: fra Tre e Quattrocento le principali

case e torri dei Beccuti sorgevano in quel «curtivicium Silorum» dove

un tempo si erano innalzate le case dei Sili, simboleggiando tangibil-

mente il ricambio ormai compiuto ai vertici del comune torinese

12

. Scom-

parse dalla scena le antiche famiglie che avevano sostenuto a suo tempo

l’alleanza con Asti, le consorterie della fazione vincente esercitavano ora

un’influenza decisiva sulla politica del comune; d’ora in poi, e fino a

quando la crescita demografica e il nuovo ruolo politico della città non

modificheranno radicalmente gli equilibri sociali, quando si parlerà di

quei nobili che dividevano con i popolari il governo del comune di To-

rino ci si riferirà in primo luogo alle vecchie famiglie guelfe, i Beccuti,

i Borgesio, i della Rovere, i da Gorzano.

As ce s a e d i f f i co l t à deg l i impr end i tor i popo l a r i .

Il declino economico e demografico di Torino, che toccò il fondo

nell’ultimo decennio del Trecento e nei primi anni del Quattrocento,

mise un freno all’ascesa politica delle forze popolari, costringendole a

spartire il potere con i nobili, anziché soppiantarli nella direzione del

comune. Non che il peso dei mercanti, degli speculatori, degli artigiani,

dei notai sia mai stato paragonabile, a Torino, a quello assunto in altre

città piemontesi, come Chieri o Vercelli, per non parlare di Asti; e tut-

tavia i ceti imprenditoriali e produttivi avevano acquisito anche qui, nel

corso di un lungo periodo di prosperità, un rilievo considerevole. No-

nostante le sue dimensioni modeste, Torino era pur sempre la sede di

un vescovo, di un capitolo cattedrale, di parecchi monasteri maschili e

femminili, e di un vicario sabaudo col suo seguito di giudici e notai; non-

ché la residenza di diverse famiglie nobili che possedevano castelli e giu-

risdizioni nella campagna circostante. Il mercato interno era dunque suf-

ficiente per consentire lo sviluppo di attività commerciali e artigianali

tutt’altro che irrilevanti, nell’ambito, s’intende, di una città di poche

migliaia di abitanti.

Fra Tre e Quattrocento risultano attive a Torino, in qualsiasi mo-

mento, almeno sei o sette botteghe di panni d’importazione e quattro o

cinque botteghe di speziale, ciascuna delle quali rappresenta un capita-

le di migliaia di fiorini, e non manca mai qualche imprenditore che ac-

12

Cfr.

m. t. bonardi

,

L’uso sociale dello spazio urbano

, in

r. comba

e

r. roccia

(a cura di),

To-

rino fra Medioevo e Rinascimento. Dai catasti al paesaggio urbano e rurale

, Torino 1993, p. 153.