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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
terno della cerchia muraria, per non guastare il decoro della città
15
. Po-
chi però, fra quei rustici, erano in grado di vivere della propria terra, ad
eccezione forse di qualche vignaiolo: si è visto che fra la metà del Tre-
cento e il principio del Quattrocento la quantità di terra mediamente a
disposizione di ciascun contribuente di condizione modesta non sale,
nonostante la contrazione demografica, che da 6-7 a 10 giornate, ovve-
ro poco più di 3 ettari, certamente insufficienti per mantenere una fa-
miglia. Molti Torinesi, oltre a lavorare la propria terra, cercavano di gua-
dagnare qualcosa come braccianti; altri, appena più fortunati, si adat-
tavano alla condizione di massari: contadini, cioè, che prendevano in
affitto la terra dei nobili, dei mercanti, degli enti ecclesiastici, a quel
tempo non ancora organizzata in poderi, e la coltivavano contro canoni
in denaro e in natura, pur continuando ad abitare entro il riparo delle
mura cittadine.
Ma se i catasti comprovano, al di là di ogni dubbio, che la maggio-
ranza dei Torinesi possedeva un orto, una vigna in collina, un campo o
un incolto da dissodare nella pianura verso la Dora e la Stura, non è pos-
sibile dedurre dal loro silenzio una scarsa diffusione dell’attività arti-
gianale, e comunque dei mestieri caratteristici dell’ambiente urbano. So-
lo raramente infatti, e comunque in modo del tutto casuale, i catasti si
preoccupano di menzionare la qualifica professionale dei contribuenti,
priva di qualunque interesse agli occhi di un fisco che incentrava il suo
prelievo sul possesso immobiliare; sicché occorre rivolgersi ad altre fon-
ti, ad esempio i conti dei clavari, per scoprire fra la gente qualunque un
pullulare di carpentieri, muratori, pescatori, manovali, fabbri, bettolie-
ri, tessitori, filatrici; e per rendersi conto che molto probabilmente, per
la maggioranza degli abitanti di Torino, la terra costituiva soltanto uno
degli orizzonti possibili, e non necessariamente il più importante.
Accomunati dalla fatica del lavoro manuale, tutti questi artigiani e
operai non avevano in sostanza alcun accesso alla vita politica cittadi-
na; solo di rado qualche grosso carpentiere, barbiere o sarto, organizza-
tore del lavoro altrui piuttosto che operaio in proprio, era chiamato a
sedere sugli ultimi banchi della credenza. Ma in termini sociali ed eco-
nomici occorre distinguere ulteriormente fra quanti disponevano di
un’attività propria, per quanto umile, e quanti non avevano altra dife-
sa contro la fame che il lavoro delle proprie braccia, purché trovassero
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ASCT, n. 3878. Per la progressiva espulsione dei rustici e del bestiame dal centro intramu-
rario nel corso del Quattrocento cfr.
r. comba
,
Lo spazio vissuto: atteggiamenti mentali e «costru-
zione» del paesaggio urbano
, in
comba
e
roccia
(a cura di),
Torino fra Medioevo e Rinascimento
cit.,
pp. 14-22.