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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
sero la spartizione del potere in parti uguali fra nobili e popolari. La nor-
ma relativa all’elezione dei clavari, i principali magistrati del comune,
prevedeva infatti che ogni tre mesi fossero scelti per quell’ufficio «qua-
tuor ex credendariis Taurini, silicet duos ex nobilibus seu ex hospiciis
et duos de populo»; e anche il consiglio di credenza, benché nessuna
norma lo richiedesse formalmente, era di fatto diviso in parti approssi-
mativamente uguali fra nobili e popolari. Questo equilibrio nella spar-
tizione degli uffici non è, evidentemente, che la traduzione in termini
politici di un equilibrio economico affermatosi nel corso del Trecento:
i meccanismi di rappresentanza politica rispecchiano esattamente la di-
stribuzione del possesso all’interno della comunità
14
.
C’è peraltro motivo di credere che a quella data il progresso econo-
mico e politico delle forze popolari avesse già conosciuto una battuta
d’arresto. Il catasto del 1363, in effetti, fotografa la distribuzione del-
la ricchezza in città in un momento in cui si risentivano già da tempo gli
effetti della congiuntura negativa; non è escluso che cinquant’anni pri-
ma il rapporto di forza fosse addirittura vantaggioso per i popolari. Nel
corso dei cinquant’anni successivi, certamente più difficili dei prece-
denti, gli equilibri erano destinati a modificarsi ulteriormente a sfavore
del popolo, come dimostra il catasto del 1415. In quell’anno i nobili pos-
siedono la stessa quantità di terra che possedevano cinquant’anni pri-
ma, cioè 3966 giornate; un dato che dimostra la notevole stabilità delle
fortune nobiliari, caratterizzate semmai dalla tendenza a una crescente
concentrazione, poiché a quella data, in una città complessivamente me-
no popolata di quanto non fosse in passato, i capifamiglia nobili si era-
no ridotti a 51. Ma se consideriamo le circa 45 famiglie che nel corso di
quegli anni avevano costituito l
’élite
politicamente ed economicamente
più attiva del popolo, constateremo che i loro 64 capifamiglia control-
lavano nel 1415 soltanto 2962 giornate: appena i tre quarti, cioè, dei
possessi registrati dalle stesse famiglie, o comunque dal segmento equi-
valente della comunità, cinquant’anni prima. Quanto al resto della po-
polazione, 500 contribuenti si dividevano nel 1415 circa 5000 giorna-
te: un dato che riflette l’indubbio allentarsi della pressione demografi-
ca e la conseguente tendenza ad una pur modesta ricomposizione del
possesso. Tradotte in medie queste cifre appaiono ancor più eloquenti:
ogni capofamiglia nobile può ora contare su poco più di 77 giornate, ogni
14
Per la normativa statutaria cfr.
f. sclopis
,
Statuta et privilegia civitatis Taurinensis
, in
HPM
,
II,
Leges Municipales
, I, c. 544;
d. bizzarri
(a cura di),
Gli statuti del comune di Torino del 1360
,
Torino 1933 (BSSS, 138/1), p. 146. Sulla composizione del consiglio di credenza cfr. oltre, in que-
sto stesso volume,
a. barbero
,
Il governo comunale
, pp. 220-28.