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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
re dell’ufficio doveva pagare personalmente il costo dell’appalto: a vol-
te la gara era vinta da un affarista il quale si impegnava a reclutare dei
notai, pagando loro un salario e incamerando i profitti, e proprio per
conto di un appaltatore di questo genere Giovanni Botero tenne per la
prima volta l’ufficio. Altre volte il comune, anziché pretendere il paga-
mento di un appalto, si accontentava di cedere l’ufficio in cambio di un
servizio gratuito, come nel 1395, quando il consiglio comunale decise di
affidare i due posti di notaio delle cause civili a chiunque si fosse impe-
gnato a servire gratuitamente come soprastante alla custodia notturna
delle porte; e anche allora fu proprio il Botero a offrirsi per uno dei due
posti. In questo modo il figlio di un fornaio o di un pescatore, manda-
to forse a scuola grazie a qualche protezione, poteva farsi strada nella
nuova professione, accettando lavori che ai notai più agiati apparivano
poco appetibili, fino a farsi col tempo un nome e una clientela
23
.
Ancor più rari, ma non del tutto inesistenti, sono i casi di uomini che
da una condizione miserabile seppero elevarsi a una rispettabile agia-
tezza attraverso gli affari; il più notevole è quello del drappiere Anto-
nio Pittodo. Il nonno paterno di quest’ultimo, chiamato anch’egli An-
tonio, era morto nella peste del 1361, lasciando un bambino e una bam-
bina affidate alle cure della madre Gilleta, nonché la magrissima eredità
di 2 giornate di terra. La famiglia era sopravvissuta bene o male alle dif-
ficoltà del secondo Trecento; il figlio di Antonio, Giovanni, si era spo-
sato e aveva fatto in tempo a fare un figlio, chiamato Antonio come il
nonno, prima di morire a sua volta; le condizioni dei suoi eredi non era-
no tuttavia prospere, e nel 1387 li ritroviamo addirittura fra i misera-
bili che il consiglio di credenza decise di esentare dalla taglia per inca-
pacità. Tutto lascia pensare che il bambino Antonio, rimasto orfano di
entrambi i genitori, fosse affidato alla nonna, e infatti nel catasto del
1391 la famiglia è rappresentata soltanto dalla vecchia «Gilleta la Pito-
da», la quale dichiara ancor sempre le stesse due giornate di terra che il
marito, morendo trent’anni prima, le aveva lasciato. Fatto sta che di lì
a pochi anni, cresciuto, Antonio entrò nel commercio, forse come fa-
miglio, e ben presto lo ritroviamo padrone di una bottega di panni, spes-
so citata dai documenti nei primi anni del Quattrocento.
Sul piano strettamente economico non si può beninteso esagerare il
suo successo, dal momento che Antonio non possedeva se non otto gior-
nate nel momento che deve essere stato per lui di massima prosperità;
e tuttavia questo è uno di quei casi in cui la fortuna di un uomo non può
23
Cfr. per il Caritoni, ASCT,
Ordinati
, 25, ff. 25
r
e 78
v
; 26, f. 32
r
; 27, ff. 7
v
, 49
r
; 28, f. 9
r
;
per il Botero, 33, f. 18
v
; 34, ff. 54
v
, 90
v
; 36, f. 11
v
.