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E gli esempi consimili potrebbero facilmente moltiplicarsi. Nel 1395,

uno dei portavoce degli imprenditori torinesi impegnati nella fabbrica-

zione dei panni era il notaio Francesco de Angeletis, che negli stessi an-

ni si ritrova in un elenco di osti cui il comune impose una contribuzio-

ne forzata, e che proprio dalla poliedricità dei suoi interessi trasse pro-

babilmente la forza per elevarsi socialmente, lui uomo nuovo in città,

fino ad essere cooptato, in quello stesso anno, nel consiglio comunale.

Uno dei più ricchi e influenti mercanti del primo Quattrocento, Gio-

vanni de Moranda, è detto in più occasioni

retalliator

, ovvero rivendi-

tore al minuto di candele e generi alimentari, e almeno una volta viene

multato, di ben 10 fiorini, per aver usato pesi irregolari, segno che le

sue merci si vendevano per l’appunto a peso; lo stesso personaggio pos-

sedeva «quodam artifficium seu martinetum pro batando seu pistando

specias et aromata ac gallam et alia neccessaria», e aveva dunque a che

fare col commercio delle spezie e verosimilmente con la tintura, dal mo-

mento che la galla era impiegata appunto in questa industria; in altre

fonti si parla della sua bottega di panni. Se si aggiunge che Giovanni de

Moranda, figlio e nipote di notai, esercitava a sua volta la professione

notarile e aveva ricevuto, come molti notai, la tonsura, approfittando-

ne per svolgere funzioni clericali come quelle di amministratore e ret-

tore del lebbrosario di San Lazzaro, avremo chiaro il quadro di un’atti-

vità economica multiforme, impossibile da incasellare in uno schema

preciso

32

.

Ogni analisi dell’attività commerciale nella Torino del Tre e Quat-

trocento deve dunque tener presente questo dato intrinsecamente con-

traddittorio. Considerando separatamente ogni singolo ramo di attività,

il volume d’affari trattato dai mercanti torinesi appare limitato, più esi-

guo in ogni caso rispetto a quello dei centri concorrenti, e tale da spie-

gare ampiamente perché essi non avvertissero la necessità di costituire

corporazioni professionali. Ma al tempo stesso queste condizioni che

possono apparire mortificanti non paiono affatto aver depresso l’ini-

ziativa dei mercanti torinesi; che al contrario, approfittando proprio

della libertà garantita dall’assenza di corporazioni, si distinguono per

la multiformità degli investimenti e la differenziazione delle risorse. La

piccola scala su cui essi operano diviene allora una sorta di assicurazio-

ne, tale da garantire che il fallimento di un’iniziativa potrà sempre es-

sere compensato dal successo di un’altra, e porterà difficilmente alla

bancarotta.

Gruppi e rapporti sociali

183

32

Per tutti questi esempi cfr.

barbero

,

Un’oligarchia urbana

cit., pp. 139-42.