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186

Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

da essi apprendiamo che poteva essere accolto nelle sue file chiunque

pagasse regolarmente la taglia a Torino e non avesse conti in sospeso con

la giustizia, «exceptis et expulsis omnibus de hospitiis, agnationibus et

albergis illorum de Ruore, de Silis, de Czuchis, de Borgensibus, de Bec-

cutis et de Gorzano». A partire da quell’anno, i rettori della Società so-

no regolarmente affiancati ai clavari in seno alle commissioni, col risul-

tato che la parità istituzionale fra nobili e popolari sancita dagli statuti

risulta di fatto vanificata

36

.

E infatti i conti di tesoreria dei principi d’Acaia contengono preci-

se indicazioni sulle vivaci tensioni fra nobili e popolari che accompa-

gnarono la rifondazione della Società nel 1389. In quell’occasione gli

«homines civitatis Taurini exceptis illis de albergo» offrirono una som-

ma al principe in cambio del diritto di costituirsi in Società, e la cosa

dovette preoccupare a tal punto i nobili che appena tre anni dopo il

principe fu costretto a intervenire per riportare la concordia «inter il-

los de Societate de Taurino, et illos de albergis de dicto loco non exi-

stentibus de Societate». Non sarà un caso che un’identica scansione

della vicenda sia segnalata nella vicina Moncalieri: anche qui, nel 1389

gli «homines et comunitas hominum populi Montiscalerii, exceptis il-

lis de albergo», offrirono una somma al principe in cambio del diritto

di costituirsi in società; e anche qui, solo un anno più tardi rispetto a

Torino, nel 1393, sono registrati pagamenti a favore del principe per

la risoluzione dei dissensi «inter illos de arbergo de Montecalerio, et il-

los de Societate dicti loci», senza impedire peraltro che l’ostilità di-

chiarata fra i nobili e la Società desse luogo negli anni seguenti a inci-

denti e omicidi

37

.

Col nuovo secolo, peraltro, indicazioni di questo genere vanno via

via scomparendo, sicché con ogni probabilità il riaccendersi dell’ostilità

fra nobili e popolari va messo in conto alla congiuntura negativa degli

anni 1390: forse il decennio più duro di tutto il periodo da noi consi-

36

BSSS, 138/2, pp. 10, 41, 57. Ufficialmente, la Società continuò sempre a definirsi come po-

polare: erano i «populares nostre civitatis Taurini» a chiedere al principe, nel 1390 come nel 1417,

conferme o modifiche degli statuti, e ad essa il principe alludeva come a un «collegium hominum

popularium […] ipsius civitatis» (

ibid

., pp. 52, 56, 58). E come società di popolo sarebbe stata ri-

cordata dopo la sua scomparsa: nell’elenco dei membri per il 1390, accanto ai nomi di Tommaso,

Antonio e Grimerio Necchi, membri di una famiglia che nel secolo successivo venne considerata

nobile, una mano posteriore avrebbe aggiunto con sorpresa: «nota nobilitas Nechorum» (

a. ceru-

ti

,

Statuta Societatis S. Iohannis Baptistae Augustae Taurinorum

, in «Miscellanea di Storia Italiana»,

xi

[1870], p. 106).

37

f. saraceno

,

Regesto dei principi di Casa d’Acaia (1295-1418) tratto dai conti di tesoreria

, in

«Miscellanea di Storia Italiana»,

xx

(1882), pp. 220-22;

f. gabotto

,

Inventario dell’Archivio Co-

munale di Moncalieri

,

ibid

., serie III,

v

(1900), nn. 3082, 3109, 3116, 3339.