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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
rere un qualsiasi membro dell’associazione aggredito, ferito o ucciso da
estranei, era regolata in termini su cui non sarà inutile soffermarsi. Il
capitano e i rettori della Società dovevano far suonare a martello, ov-
vero a
stremita
, come allora si diceva, la «campana Societatis, que est
campana grossa S. Dalmatii», dando così il segnale d’allarme all’intera
città; ogni socio, al suono della campana, era tenuto a presentarsi ar-
mato sulla piazza del comune, che era poi la piazza del mercato. I cu-
stodi delle porte, sentendo suonare l’allarme, erano obbligati a chiu-
dere immediatamente le porte della città, e a tenerle chiuse finché i col-
pevoli non fossero stati catturati; a tal fine il capitano e i rettori avevano
il diritto di far perquisire qualunque abitazione privata, sospendendo
se necessario anche i privilegi ecclesiastici. Una volta individuato il col-
pevole, questi sarebbe stato giudicato secondo le vie legali, ma la So-
cietà aveva il diritto di radunarsi in massa sotto la sua casa, e «quilibet
ferrator et murator dicte Societatis teneatur apportare secum unam pi-
cham […] et ipsam domum debeant integraliter dirruere usque ad fun-
damentum». La Società applicava insomma la propria giustizia, al ri-
paro da qualsiasi conseguenza giuridica per eventuali eccessi interve-
nuti nel corso della procedura prevista: gli statuti, infatti, avevano cura
di precisare che qualunque atto compiuto da un membro della Società
«in ipsis ammassamentis et rumoribus atque bruxiis, sit impune et pro-
tinus sine pena». L’unico, indispensabile limite all’arbitrio dell’orga-
nizzazione consisteva nell’obbligo fatto al capitano e ai rettori di av-
vertire il vicario e il giudice prima di far suonare la campana, e di non
procedere a perquisizioni se non in loro presenza; tanto il vicario quan-
to il giudice, peraltro, all’atto di entrare in carica giuravano di rispet-
tare gli statuti della Società, ed erano dunque tenuti a prestarle assi-
stenza
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.
Sebbene disposizioni di questo genere avessero indubbiamente lo
scopo di fornire ai popolari uno strumento di difesa contro la prepo-
tenza dei nobili, è probabile che con lo smorzarsi dei conflitti per il
controllo del comune la Società si sia trasformata in uno strumento di
autodifesa a disposizione dell’intera comunità, rivolto prevalentemen-
te contro minacce provenienti dall’esterno. Significativo appare, a que-
sto proposito, il fatto che il bersaglio delle misure repressive messe in
atto dalla Società fosse individuato in modo particolare nei chierici,
40
BSSS, 138/2, pp. 19-29. Andrà segnalato che queste disposizioni non rappresentano in al-
cun modo un tratto peculiare della Società torinese, ma si ritrovano pressoché identiche negli sta-
tuti di analoghe associazioni anche in città dalle caratteristiche piuttosto diverse, come ad esem-
pio ad Asti: cfr.
BSSS, 18
, pp. 341 sg.