

194
Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
erano pronti a sguainarla al minimo pretesto; mancando la spada o il col-
tello, c’era sempre a portata di mano un bastone, una pietra o una zap-
pa con cui dar sfogo alla collera. Le donne, disarmate, si limitavano più
spesso a ingiuriarsi, tanto che questo è l’unico reato i cui colpevoli ri-
sultino in maggioranza di sesso femminile; anche nelle risse, in cui spes-
so la moglie accorreva a dar manforte al suo uomo, si registra una di-
screta presenza delle donne, mentre in tutti gli altri ambiti la parteci-
pazione femminile alla criminalità appare trascurabile.
La violenza di strada era spesso l’esito di un rancore progressiva-
mente inaspritosi tra fronti parentali contrapposti; la solidarietà tra
consanguinei si esplicava, all’occasione, mettendo mano al bastone o al
coltello, anche se è significativo che in molti casi fossero soprattutto i
ragazzi delle famiglie nemiche a sfogare in tal modo le loro rivalità. Il
pestaggio del notaio Luchino Baracco, compiuto nel 1366 da cinque
Borgesio, è comunque un esempio di come le rivalità familiari si risol-
vessero talvolta lasciando la parola ai pugni o alle armi, anche da parte
di uomini che occupavano gli uffici del comune e che figuravano fra i
cittadini più ricchi e autorevoli. Alla testa degli aggressori, infatti, c’era
il ricchissimo Paganino Borgesio, membro della credenza da più di ven-
t’anni e proprio in quell’anno clavario «pro hospicio», spalleggiato da
quattro parenti, il mercante di panni Stefano, suo fratello Albertino
notaio, l’altro notaio Guglielmo e lo speziale Martino: tutti giovani, è
vero, ma già padroni di case e botteghe, grazie anche alla peste di po-
chi anni prima, e destinati di lì a poco a sedere a loro volta sugli scran-
ni del consiglio.
Altrettanto violenti erano gli scontri fisici all’interno delle singole
parentele, provocati soprattutto dall’effetto dirompente delle sparti-
zioni ereditarie. Animi surriscaldati e pronti a lavare con le bastonate,
e magari col sangue, ogni offesa sia pure fraterna trovavano facilmen-
te ragione d’eccitarsi al momento di procedere alla divisione: quando i
macellai Vietto e Giovanni Ranotti decisero di separarsi dopo molti an-
ni di convivenza, i loro rapporti conobbero un repentino peggiora-
mento, sicché Vietto un giorno minacciò il fratello con la spada sguai-
nata, e quando poco dopo incontrò un bovaro al servizio di Giovanni
lo buttò a terra e lo prese a calci. Ma anche fra i nobili episodi del ge-
nere erano all’ordine del giorno: nel 1383 Antonietto Borgesio signo-
re di Bruino venne multato per aver incoraggiato i suoi servi a basto-
nare, in spregio al padrone, un domestico di suo cugino Giorgio Bor-
gesio; qualche anno più tardi il figlio maggiore di Antonietto, morto
ormai il padre, ferì alla testa a colpi di pietra uno dei suoi fratelli, mo-
naco di Sant’Andrea.