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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

erano pronti a sguainarla al minimo pretesto; mancando la spada o il col-

tello, c’era sempre a portata di mano un bastone, una pietra o una zap-

pa con cui dar sfogo alla collera. Le donne, disarmate, si limitavano più

spesso a ingiuriarsi, tanto che questo è l’unico reato i cui colpevoli ri-

sultino in maggioranza di sesso femminile; anche nelle risse, in cui spes-

so la moglie accorreva a dar manforte al suo uomo, si registra una di-

screta presenza delle donne, mentre in tutti gli altri ambiti la parteci-

pazione femminile alla criminalità appare trascurabile.

La violenza di strada era spesso l’esito di un rancore progressiva-

mente inaspritosi tra fronti parentali contrapposti; la solidarietà tra

consanguinei si esplicava, all’occasione, mettendo mano al bastone o al

coltello, anche se è significativo che in molti casi fossero soprattutto i

ragazzi delle famiglie nemiche a sfogare in tal modo le loro rivalità. Il

pestaggio del notaio Luchino Baracco, compiuto nel 1366 da cinque

Borgesio, è comunque un esempio di come le rivalità familiari si risol-

vessero talvolta lasciando la parola ai pugni o alle armi, anche da parte

di uomini che occupavano gli uffici del comune e che figuravano fra i

cittadini più ricchi e autorevoli. Alla testa degli aggressori, infatti, c’era

il ricchissimo Paganino Borgesio, membro della credenza da più di ven-

t’anni e proprio in quell’anno clavario «pro hospicio», spalleggiato da

quattro parenti, il mercante di panni Stefano, suo fratello Albertino

notaio, l’altro notaio Guglielmo e lo speziale Martino: tutti giovani, è

vero, ma già padroni di case e botteghe, grazie anche alla peste di po-

chi anni prima, e destinati di lì a poco a sedere a loro volta sugli scran-

ni del consiglio.

Altrettanto violenti erano gli scontri fisici all’interno delle singole

parentele, provocati soprattutto dall’effetto dirompente delle sparti-

zioni ereditarie. Animi surriscaldati e pronti a lavare con le bastonate,

e magari col sangue, ogni offesa sia pure fraterna trovavano facilmen-

te ragione d’eccitarsi al momento di procedere alla divisione: quando i

macellai Vietto e Giovanni Ranotti decisero di separarsi dopo molti an-

ni di convivenza, i loro rapporti conobbero un repentino peggiora-

mento, sicché Vietto un giorno minacciò il fratello con la spada sguai-

nata, e quando poco dopo incontrò un bovaro al servizio di Giovanni

lo buttò a terra e lo prese a calci. Ma anche fra i nobili episodi del ge-

nere erano all’ordine del giorno: nel 1383 Antonietto Borgesio signo-

re di Bruino venne multato per aver incoraggiato i suoi servi a basto-

nare, in spregio al padrone, un domestico di suo cugino Giorgio Bor-

gesio; qualche anno più tardi il figlio maggiore di Antonietto, morto

ormai il padre, ferì alla testa a colpi di pietra uno dei suoi fratelli, mo-

naco di Sant’Andrea.