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to maggiormente significativo è proprio la variabilità delle pene, previ-

sta già dagli statuti, che in caso d’ingiuria penalmente punibile consen-

tono al giudice di ridurre o aumentare la multa prescritta, considerata

la qualità della persona e dell’insulto: una misura di arbitrio che si ri-

trova poi nelle pene effettivamente comminate, e che, come vedremo,

non è affatto casuale, rappresentando anzi un tratto strutturale e certa-

mente voluto della giustizia trecentesca.

Altrettanto significativa risulta sotto questo profilo la discrepanza

fra le pene previste dagli statuti e quelle effettivamente applicate in ca-

so di violenze e ferimenti. Per chi metteva le mani addosso a un con-

cittadino durante un litigio, ma si tratteneva dall’usare le armi, gli sta-

tuti prevedevano una multa di 40 soldi; nel caso in cui si giungesse a

scambiarsi colpi di spada, chi aveva versato il sangue avrebbe dovuto

pagare ben 25 lire. Ma di fatto la multa ordinaria era comminata sol-

tanto ai colpevoli di aggressione unilaterale e percosse; nella maggior

parte dei casi, i litigi in cui entrambe le parti erano passate a vie di fat-

to erano derubricati come risse, e puniti con ammende di importo infe-

riore. Chi sguainava la spada pagava di più, ma mai le 25 lire previste

dagli statuti; proprio in questi casi, inoltre, il condannato riusciva più

facilmente a ottenere la riduzione o anche il condono della pena. Una

misura di arbitrio che collimava in realtà pienamente con le prescrizio-

ni degli statuti, più che mai preoccupati, in quest’ambito, di spiegare

che il giudice è libero di ridurre le pene «inspecta qualitate percussionis

et personarum», e che comunque i forestieri debbono essere puniti più

severamente dei Torinesi (

ccvi

-

ccviii

).

Assai caratteristico è poi il fatto che la violenza più grave, la ferita

di spada, sia percepita ancor più delle violenze minori come un fatto che

riguarda innanzitutto l’offeso, anziché la giustizia pubblica; sicché que-

st’ultima non è chiamata a operare impersonalmente, ma soltanto ad ap-

poggiare la vittima nella ricerca del legittimo risarcimento. Gli statuti

aprono il capitolo relativo con apparente severità, annunciando che il

colpevole dovrà pagare 25 lire, e se non potrà pagare perderà il piede o

la mano; ma subito proseguono dichiarando che se il colpevole non sarà

catturato, dovrà restare al bando fino a quando non avrà pagato la mul-

ta e, soprattutto, non si sarà accordato coll’offeso. Se poi la concordia

sarà raggiunta entro 15 giorni dal fattaccio, la pena sarà dimezzata, ciò

che spiega probabilmente perché nessun colpevole di ferite da taglio ab-

bia mai versato la multa intera (

ccviii

).

Lo stesso avviene in caso di omicidio. Gli statuti cominciano col di-

chiarare in tono minaccioso che l’omicidio di un Torinese ad opera di

un altro Torinese dovrà essere punito «secundum iura romana, aliquo

Gruppi e rapporti sociali

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