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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
notabili, e dal ventaglio straordinariamente ampio delle colpe di cui so-
no accusati, tanto da giustificare l’impressione che anche a Torino la mi-
naccia più grave per la tranquillità collettiva fosse rappresentata proprio
dai membri dell’oligarchia. Quando venne cooptato nel consiglio di cre-
denza nel 1389, Filippo Beccuti era già stato multato innumerevoli vol-
te per rissa, per usurpazione di beni altrui, per essere stato fermato con
una spada di misura superiore al consentito, per aver giocato ai dadi di
notte, per aver venduto a due compratori diversi la stessa vigna, per aver
falsificato ricevute e per aver bastonato i famigli del vicario, oltre che
per aver preso a pugni o inseguito con la spada sguainata, in diverse oc-
casioni, quasi tutti i suoi fratelli e cognati; ma anche dopo quella data,
e fino alla sua morte nel 1423, il suo nome ritorna con impressionante
frequenza negli elenchi dei cittadini multati, e ancor più spesso fra quel-
li dei criminali cui il principe condona la pena.
Non dissimile la carriera di Giovanni Visconti e Matteo Ainardi, en-
trati entrambi in consiglio comunale il 30 agosto 1403. Il primo, figlio
di Ugonetto visconte di Balangero e di Leonetta da Gorzano, venne mul-
tato in due diverse occasioni per aver picchiato la madre in faccia, la pri-
ma volta con un miccone di pane e la seconda con una brocca; in un’al-
tra occasione aveva bastonato a sangue la moglie, e a più riprese fu mul-
tato per ingiurie e percosse, per falsa testimonianza, per frode, per aver
insultato il giudice e il luogotenente del vicario e per aver falsificato do-
cumenti ufficiali, prodezza quest’ultima che per un soffio non gli costò
la confisca dei beni. Il secondo, figlio di uno dei più ricchi usurai della
città, violentò la serva di suo fratello e la moglie di un oste; una dome-
nica, a messa, rubò all’officiante il calice e la patena d’argento, e non
contento della bravata, per cui pagò 200 fiorini di multa, tornò un’altra
volta a rubare il mantello del medesimo sacerdote; più e più volte fu con-
vocato in tribunale, ora come accusato ora come parte lesa, per ingiu-
rie, risse e percosse. Finalmente convinse la madre a firmare un atto di
donazione di tutti i suoi beni, facendole credere, com’essa giurò in se-
guito al giudice, che si trattava di una semplice procura: uno scherzo che
gli costò altri 200 fiorini
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.
Sono certamente esempi impressionanti; e tuttavia non si può affer-
mare con certezza statistica che comportamenti come questi fossero più
frequenti fra i nobili rispetto alla gran massa dei cittadini. L’insegna-
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Questi dati, come tutti quelli di cui si farà menzione nelle prossime pagine, in mancanza di
diversa indicazione s’intendono tratti dalla serie dei CCT; una campionatura di questa fonte è al-
tresì alla base dei confronti fra legislazione statutaria e prassi esecutiva, presentati nei prossimi pa-
ragrafi. Cfr. anche l’indice dei nomi in
barbero
,
Un’oligarchia urbana
cit.