

mento da trarne è semmai che la violenza era una dimensione quotidia-
na nella vita dei Torinesi, di qualsiasi condizione sociale; che tutti quan-
ti, poveracci e notabili, condividevano il rischio di dover fare a pugni
quando uscivano in strada, e di buscare, almeno una volta nella vita,
qualche colpo di spada, così come l’abitudine di ingiuriare e minacciare
ad alta voce i propri nemici, o di ricorrere alla violenza per sottomette-
re al proprio capriccio una donna non abbastanza ben guardata. Ne con-
cluderemo che in quel mondo l’individuo era meno inibito di quanto non
avvenga oggi, e che la violenza fisica, praticata o subita, non era ogget-
to di quell’interdizione culturale e di quelle sanzioni familiari e sociali,
prima ancora che giudiziarie, che la civiltà dei buoni costumi è andata
elaborando nei secoli successivi; tutte cose che Norbert Elias sapeva già
oltre cinquant’anni or sono, e che rappresentano un’acquisizione dure-
vole dell’approccio antropologico al nostro passato.
Ma se vogliamo andare oltre questa premessa indispensabile, e cer-
car di ricavare dall’analisi della criminalità torinese informazioni che
non rappresentino semplicemente la conferma di quanto già si poteva
immaginare, occorrerà procedere diversamente. Lavorando su una fon-
te che consiste essenzialmente in un elenco incompleto di reati e di pe-
ne, e confrontandola, all’occasione, col quadro di riferimento normati-
vo offerto dagli statuti, dovrebbe essere possibile identificare da un la-
to gli interessi, le solidarietà, i conflitti che attraversavano la società
urbana, e dall’altro le preoccupazioni delle autorità chiamate a con-
frontarsi con le manifestazioni criminali; e questo, mi pare, è l’obietti-
vo primario che una ricerca di questo genere dovrebbe proporsi nell’am-
bito di una storia cittadina. Nelle pagine che seguono, perciò, si cercherà
innanzitutto di costruire una tipologia delle infrazioni, e dunque una fe-
nomenologia dei comportamenti, introducendo solo con cautela la di-
mensione quantitativa; in seguito, di riflettere sul rapporto che inter-
correva in ciascun caso fra comportamenti individuali e collettivi, nor-
mativa giuridica e capacità d’azione della giustizia.
La v i o l enza f i s i ca .
La stragrande maggioranza delle multe comminate dalle autorità cit-
tadine riguardano casi di ingiurie, percosse, ferite, o più genericamente
risse; è soprattutto la frequenza di questi episodi, più che non quella de-
gli omicidi, a dare il senso di una vita in cui l’aggressione, verbale o fi-
sica, praticata o subita, rappresentava per tutti una realtà quotidiana.
Nobili e popolari continuavano a portare la spada al fianco, pur ade-
guandosi, malvolentieri, ai limiti di lunghezza fissati dagli statuti, ed
Gruppi e rapporti sociali
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