

228
Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
dei tempi difficili determinò invece un’involuzione nella rappresentati-
vità del consiglio comunale: se in passato la credenza rispecchiava una
società dinamica e in piena espansione economica e demografica, all’ini-
zio del Quattrocento essa rispecchia invece puntualmente la gelata eco-
nomica e l’immiserimento demografico che hanno investito la città.
È pur vero che in confronto ad altri comuni italiani Torino parreb-
be ancor sempre caratterizzata da una partecipazione politica piuttosto
allargata. Nel catasto del 1415 sono elencati 625 contribuenti, 59 dei
quali sedevano in consiglio comunale, ovvero poco meno di uno su die-
ci; una percentuale che si spiega, certamente, con l’estremo spopola-
mento di cui soffriva allora la città, ma che sembra comunque delinea-
re un esempio fra i più vistosi di governo largo. Questa impressione de-
ve tuttavia essere almeno in parte corretta, in primo luogo tenendo conto
dell’altissima concentrazione di nobili che si riscontrava in città: 51
capifamiglia nel 1415, più dell’8 per cento del totale. Metà di questi
nobili, 27 per l’esattezza, sedevano in consiglio comunale, e tutti avreb-
bero potuto comunque sperare di sedervi un giorno, non appena qual-
che posto si fosse reso vacante; ma fra i popolari le cose andavano di-
versamente. Qui 32 consiglieri sedevano in rappresentanza di 574 con-
tribuenti, sicché la percentuale dei consiglieri scendeva a uno su diciotto;
pur sempre discreta, ma non eccezionale, soprattutto se si considera che
il comune, diversamente da quel che accadeva in città più popolose e di
più ampia articolazione istituzionale, non offriva ai cittadini altri spazi
di azione politica all’infuori del consiglio.
L’accesso di nuovi consiglieri, d’altronde, era ben lontano dal tene-
re il ritmo col ricambio della popolazione, testimoniato dai rilevamenti
catastali; ed è questo l’argomento decisivo per concludere che la rap-
presentanza popolare nel governo del comune, nonostante l’ampiezza
numerica, era in realtà caratterizzata da una progressiva chiusura ere-
ditaria. Più di metà dei cognomi registrati nel catasto del 1415 non era-
no presenti in quello del 1363; fra quest’ultima data e il 1445 sono se-
gnalati a Torino, complessivamente, quasi mille cognomi. A fronte di
questa situazione, il numero delle famiglie popolari rappresentate in con-
siglio fra il 1365 e il 1432, foss’anche con un solo consigliere, è sola-
mente di 67; e nello stesso periodo i clavari «pro populo» vennero trat-
ti da appena 46 famiglie. Quella frangia, o avanguardia, del popolo che
riuscì ad assicurarsi una partecipazione reale alla vita politica cittadina
può insomma essere considerata a sua volta come un’oligarchia, più am-
pia certamente della nobiltà, ma anch’essa scarsamente rappresentativa
della maggioranza dei cittadini.
(
a. b.
)