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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

cidenti assai gravi opposero i Beccuti ai Borgesio, rendendo necessario

un nuovo intervento di Filippo d’Acaia, cui il comune donò 100 fiorini

in cambio della sua mediazione: in quell’occasione risultano particolar-

mente compromessi, insieme ad altri di minor rilievo, da un lato otto dei

Beccuti, dall’altro non meno di ventidue Borgesio, coll’appoggio di un

della Rovere e anche di altri due Beccuti

20

.

Analogamente a quel che è stato osservato altrove, insomma, anche

a Torino la comparsa di vicari e giudici sabaudi non fu sufficiente a far

regnare l’ordine in città, nei primi tempi dopo la dedizione; la capacità

di mobilitazione delle maggiori famiglie era ancora abbastanza svilup-

pata da permettere loro di contendere alle autorità il controllo della piaz-

za, e di condurre fino in fondo le proprie vendette, nella violenza e nel

sangue

21

. Che in occasioni del genere la pacificazione dei nobili sia sta-

ta possibile solo grazie all’intervento diretto del principe, scavalcando

gli ufficiali locali, e che tale intervento abbia assunto per lo più la for-

ma di una mediazione fra le fazioni, dimostra che all’inizio del Trecen-

to le città assoggettate ai Savoia erano ancora scarsamente integrate nel-

la dominazione dinastica, e che solo il prestigio personale del principe

riusciva a mantenere entro limiti accettabili la violenza dei magnati. I

tempi, tuttavia, stavano cambiando anche a Torino. Nel 1329 una nuo-

va faida oppose i Sili ai Cavaglià; ma gli ufficiali sabaudi riuscirono a se-

dare i disordini in via amministrativa, senza dover ricorrere a una me-

diazione politica. Pietro di Cavaglià, che aveva sguainato il coltello con-

tro Bertolotto Silo e che in un’altra occasione, spalleggiato da un parente,

aveva minacciato ancor sempre col coltello Tommaso Silo, fu banalmente

multato dal giudice, come se si fosse trattato di una qualsiasi rissa fra

ubriachi

22

.

La repressione della congiura degli Zucca, nel 1334, segnò comun-

que la svolta decisiva; a partire da quella data, il governo degli Acaia

comprese fino in fondo il pericolo rappresentato dalle vendette magna-

tizie, e acquistò d’altra parte la confidenza necessaria per reprimerle,

senza troppo attardarsi in tentativi di mediazione. Il processo contro i

congiurati consentì fra l’altro di risolvere un delitto rimasto fino a quel

momento impunito: due anni prima Pietro de Bezano, uscendo di casa

20

Cfr., per il 1319,

t. chiuso

,

Saggio di antichi documenti dell’Archivio Arcivescovile di Tori-

no

, in «Miscellanea di Storia Italiana»,

xviii

(1879), p. 443, e

f. gabotto

,

Asti e la politica sabau-

da in Italia al tempo di Guglielmo Ventura

, Pinerolo 1903 (BSSS, 18), p. 368 in nota; per il 1324,

PD 6, f. 54

r

; PD 8, f. 4

r

; e ASCT,

Ordinati

, 1, ff. 5-8.

21

Cfr.

g. s. pene vidari

,

Sulla criminalità e sui banni del comune di Ivrea nei primi anni della do-

minazione sabauda (1313-1347)

, in «BSBS»,

lxviii

(1970), pp. 157-211.

22

CCT, rot. 10