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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
Il bastardo, evidentemente, cominciava a temere che i suoi continui
viaggi lo rendessero sospetto, sicché decise di non tornare a Torino; andò
invece a Racconigi, dove contava di trovare il canonico Giovanni Silo,
che avrebbe potuto recarsi a Torino senza destar sospetti e riferire al
prevosto gli ultimi accordi. Ma proprio a Racconigi lo Zucca, sceso da
cavallo per aprire una barriera, venne arrestato dai soldati del principe
Filippo e condotto a Savigliano; sicché non poté riferire ai congiurati gli
accordi presi col marchese. La deposizione del bastardo s’interrompe
qui; ma dalle confessioni degli altri congiurati risulta evidente che il pre-
vosto riuscì comunque a mettersi in contatto con Federico, e a sposta-
re di un giorno la data del colpo di mano, nel timore, evidentemente,
che il bastardo avesse già tradito il segreto. Lunedì 12, il marchese di
Monferrato passò con i suoi cavalieri sotto le mura di Torino, diretto in
apparenza a Chivasso, e suscitando non poco allarme in città; ma solo i
congiurati sapevano che quella stessa notte sarebbe ritornato, e si pre-
paravano ad aprirgli Porta Palazzo. Quella sera essi si riunirono di nuo-
vo, armati, a casa del prevosto, in numero di venti o trenta persone, e
passarono il tempo giocando ai dadi, aspettando un segnale che non co-
nosciamo; ma il segnale non venne, e in sua vece, nel cuore della notte,
cominciò a suonare a martello la campana di Sant’Andrea. Mentre tut-
ti si chiedevano che cosa fare, il fratello del prevosto, Giacomo Zucca,
irruppe in casa, piangendo e gridando che già i guelfi munivano la por-
ta; allora tutti si precipitarono a Porta Palazzo, il prevosto in testa, ar-
mato, e con la barbuta in capo.
Il marchese di Monferrato aveva tenuto fede alla parola data, e at-
tendeva che i congiurati, dall’interno, gli aprissero la porta della città;
ma qualcosa, evidentemente, era andato storto. Le autorità cittadine ve-
gliavano, e benché non sapessero con certezza che il colpo era fissato
proprio per quella notte, avevano scorto in tempo i nemici che si avvi-
cinavano, e chiamato i cittadini alle armi. I primi congiurati che giun-
sero a Porta Palazzo la trovarono difesa dai loro nemici, e giudicarono
più prudente tornarsene a casa; lo Zucca, giunto a sua volta sul posto,
tentò di impadronirsene con la forza, ma non ci riuscì, e poco dopo fu
visto tornare a casa e spogliarsi delle armi, dopodiché pensò bene di
scomparire. Qualcuno dei Sili, uscito dalla città, fu visto all’alba insie-
me agli uomini d’arme del marchese, che si fortificavano presso il pon-
te sulla Dora, e anche Federico di Saluzzo e il siniscalco angioino, a quan-
to si disse, li avevano raggiunti; ma le porte, ormai, erano destinate a
restare chiuse, e ben presto i nemici se ne andarono.
La repressione della congiura non fu, a dire il vero, così feroce come
si sarebbe potuto immaginare, segno forse che in equilibri politici deli-