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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

no la maggior parte degli uomini d’arme di Torino, fra cui Pietro Silo,

che in segreto doveva avvertire il prevosto dei movimenti del principe.

Proprio allora giunse a Torino la lettera del marchese Federico, con l’av-

viso che il denaro di messer Oddone Testa era pronto; il bastardo ripartì

per Saluzzo, e qui si decise che il martedì successivo, 10 maggio, gli ar-

mati del marchese si sarebbero presentati davanti a Porta Palazzo. Il

prevosto e i suoi complici dovevano aprire la porta, e Federico si sareb-

be impadronito della città; ma non era tutto. Certamente infatti il prin-

cipe d’Acaia, avvertito di ciò che accadeva, avrebbe lasciato San Gior-

gio per tornare a Torino, e allora il marchese di Monferrato e il sini-

scalco angioino, avvertiti dal Silo, lo avrebbero attaccato alle spalle; a

sua volta il marchese di Saluzzo doveva uscire da Torino, e così i colle-

gati avrebbero potuto chiudere in una tenaglia il principe e il suo eser-

cito, «et ipsos omnes ponere ad mortem et ruinam».

Il piano era perfetto, ma fallì; giacché mentre il bastardo galoppava

avanti e indietro fra Saluzzo e Torino, il principe d’Acaia prese e bru-

ciò il castello di San Giorgio, e levò il campo per tornare in città

28

. L’im-

presa, tuttavia, era soltanto rimandata; almeno nelle intenzioni del pre-

vosto, ch’era impaziente di tener fede alla promessa, e di ricavarne i

vantaggi promessi. Il principe Filippo continuava a guerreggiare con

successo contro i suoi nemici, e Pietro Silo, ch’era ancor sempre con lui,

consigliava i congiurati di attendere un momento più favorevole; ma

l’estate avanzava, e il prevosto gli mandò a dire, ancor sempre tramite

il bastardo, ch’era tempo di decidersi. All’inizio di settembre il princi-

pe aveva bruciato Osasco ed era accampato con l’esercito a Cavour; il

Silo s’incontrò col bastardo a Bricherasio e convenne che si poteva ten-

tare il colpo, ma bisognava esser sicuri che il marchese di Saluzzo e gli

altri alleati mantenessero la parola data. Perciò si doveva chiedere al

marchese di Monferrato di dare in pegno uno dei suoi castelli vicino a

Torino, dove i Sili e gli Zucca avrebbero potuto riparare in caso di fal-

limento. Il bastardo tornò a Torino a riferire, poi ripartì per Barge do-

ve espose a Federico di Saluzzo le condizioni dei congiurati; il marche-

se gli offrì tutte le garanzie che richiedeva, e si decise di tentare il col-

po nei prossimi giorni. Giovedì, 8 settembre, l’esercito del marchese

avrebbe raggiunto Campiglione, il giorno seguente Buriasco; la sera,

28

Nella deposizione del bastardo, pubblicata dal

datta

,

Storia dei principi

cit., II, doc. 39, si

dice che l’impresa era fissata per un martedì, ma che non poté essere tentata, «quia dictus domi-

nus princeps et exercitus recesserunt in die sabbati ante illam diem martis ordinatam». Poiché il

consiglio comunale torinese ricevette venerdì 6 maggio la notizia «quod villa Sancti Georgii fue-

rat combusta per homines Taurini et Canapicii» (

ibid

., I, p. 108 in nota), il giorno fissato per il

colpo doveva senz’altro essere martedì 10.