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generale impersonato dalla

lex

e dal

ius commune

(diritto romano e di-

ritto canonico)

43

.

Gli statuti comunali riguardavano le più diverse materie ed erano

ispirati spesso da esigenze contingenti: potevano avere anche efficacia

temporanea e finivano con l’accumularsi l’uno accanto all’altro. Nel cor-

so del tempo la frequenza e la disorganicità della produzione normativa

impose al comune di far ordine fra i suoi statuti: furono pertanto redatte

delle raccolte dei singoli statuti via via emanati ed ancora in vigore, riu-

niti e riscritti in un unico codice: dai singoli statuti si passò al

liber sta-

tutorum

. Si trattò di una linea di tendenza, che si può considerare af-

fermata nei primi decenni del secolo

xiii

44

.

Il

liber statutorum

fu per lo più detto semplicemente statuto: è per-

tanto possibile una certa confusione terminologica tra la raccolta orga-

nica degli statuti anteriori («statuto», «statuti», «liber statutorum») e

gli statuti che via via gli organi comunali – per lo più la credenza – con-

tinuavano ad emanare a modificazione della raccolta esistente («addi-

ciones», «statuta»)

45

. Le aggiunte statutarie, in genere annuali, poteva-

no essere conservate a parte, oppure a volte essere anche inserite nello

stesso

liber statutorum

dopo la raccolta organica.

Dopo un certo tempo – per lo più alcuni decenni – la produzione

statutaria alluvionale che affiancava il

liber statutorum

faceva sentire

con maggiore insistenza quelle stesse esigenze di semplificazione e di

chiarezza, che erano state alla base della consolidazione statutaria del

liber

: dopo un lavoro di coordinamento più o meno lungo fra lo statu-

to organico anteriore e le aggiunte successive veniva redatto un nuovo

liber statutorum

, cosa che non impediva si riprendesse poi peraltro con

nuove aggiunte ed ulteriori esigenze di nuove raccolte organiche. Que-

ste, inoltre, potevano essere realizzate per iniziativa di un nuovo regi-

me politico, che intendeva controllare la precedente normativa, puri-

ficarla di quanto non gradiva e ripartire con un altro

liber statutorum

.

Le nuove raccolte soppiantavano quelle precedenti: è pertanto com-

prensibile che spesso queste non siano state conservate e non siano quin-

di oggi reperibili, anche se esistono notizie riguardo alla loro passata

esistenza.

A Torino si trova un preciso riscontro di questa linea di tendenza ge-

nerale. Il comune deve aver emanato

statuta

sin dai primi anni della sua

Torino sabauda

243

43

m. bellomo

,

L’Europa del diritto comune

, Roma 1993

6

, pp. 53-58, 91-93, 163-73;

p. gros-

si

,

L’ordine giuridico medievale

, Roma-Bari 1995, pp. 230-35.

44

bellomo

,

L’Europa

cit., pp. 96-99.

45

besta

,

Fonti

cit., pp. 504-5;

gualazzini

,

Considerazioni

cit., pp. 7-8, 118-20.