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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

Sul fronte pittorico gli affreschi nella cappella delle Grazie in San

Domenico costituiscono l’unica testimonianza superstite del

xiv

seco-

lo torinese. La personalità dell’anonimo Maestro di San Domenico, a

cui sono stati attribuiti anche i lacerti di affreschi ritrovati in San Pie-

tro di Avigliana ed alla Novalesa, sembra aver guardato, come ambito

di riferimento, non solo in direzione lombardo-padana, ma anche ver-

so modelli gotici occidentali (peraltro direttamente presenti in Pie-

monte), soprattutto per le caratteristiche di freschezza narrativa e vi-

vace realismo

42

.

Contrariamente a quanto accadeva per la pittura in buona parte

dell’Italia, in cui si seguiva il modello autorevole del Giotto fiorentino

o degli Scrovegni, il Piemonte del Trecento sembra rimanere più legato

al gusto composito e libero del primo Giotto, influenzato dagli esempi

transalpini presenti ad Assisi nel nono decennio del Duecento. Proprio

negli affreschi della cappella delle Grazie in San Domenico l’imposta-

zione architettonica sembra scegliere come modello i partiti decorativi

del ciclo francescano di Assisi, più facilmente accettato nella nostra re-

gione, in cui, per gli stretti legami politici e la prossimità con la Fran-

cia, il gusto per il gotico d’oltralpe rimase presente come sostrato per

tutto il Trecento, fino ad avere un suo naturale sbocco in Jaquerio e nel

gotico internazionale

43

.

Vicine agli affreschi torinesi per stile e cronologia sono le due pagi-

ne miniate del codice degli statuti di Torino del 1360, detto «Codice

della Catena», in cui sono rappresentati i santi protettori della città e

gli stemmi di Torino e dei Savoia: le figure si stagliano sul fondo dora-

to con eleganza cavalleresca, pur presentando qualche incoerenza nel-

le proporzioni dei personaggi

44

. Al contrario la maggior parte dei libri

trecenteschi conservati in ambito torinese non ha decorazioni, oppure

ha ornati a penna e pennellino, come conveniva a testi di studio; re-

stano alcuni disegni e schizzi come quelli di un anonimo scriba pinero-

lese nel volume degli estimi dell’Archivio Storico di Pinerolo (terzo de-

cennio del Trecento), o quello con un personaggio che suona la campa-

42

g. romano

,

Gli affreschi del Trecento in San Domenico a Torino. Storia di un restauro

, Torino

1986;

a. guerrini

,

La chiesa abbaziale di Novalesa. Cantieri conclusi, cantieri aperti

, in «Bollettino

d’Arte. Ministero per i Beni Culturali e Ambientali», luglio-ottobre 1993, nn. 80-81, pp. 163-81,

in particolare p. 167.

43

romano

,

Gli affreschi del Trecento in San Domenico

cit., p. 19;

segre montel

,

L’arte nella

Torino medievale

cit., p. 114-15.

44

Ibid.

, pp. 115, 118-19; è interessante, anche se per ora non confermabile, l’ipotesi attribu-

tiva al pittore Giovanni Jaquerio, che lavorò per il comune torinese tra il 1375 e il 1385. Per i do-

cumenti relativi a questo pittore si veda anche

a. baudi di vesme

,

Schede Vesme

, IV, Torino 1982,

p. 1381.