

342
Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
Sul fronte pittorico gli affreschi nella cappella delle Grazie in San
Domenico costituiscono l’unica testimonianza superstite del
xiv
seco-
lo torinese. La personalità dell’anonimo Maestro di San Domenico, a
cui sono stati attribuiti anche i lacerti di affreschi ritrovati in San Pie-
tro di Avigliana ed alla Novalesa, sembra aver guardato, come ambito
di riferimento, non solo in direzione lombardo-padana, ma anche ver-
so modelli gotici occidentali (peraltro direttamente presenti in Pie-
monte), soprattutto per le caratteristiche di freschezza narrativa e vi-
vace realismo
42
.
Contrariamente a quanto accadeva per la pittura in buona parte
dell’Italia, in cui si seguiva il modello autorevole del Giotto fiorentino
o degli Scrovegni, il Piemonte del Trecento sembra rimanere più legato
al gusto composito e libero del primo Giotto, influenzato dagli esempi
transalpini presenti ad Assisi nel nono decennio del Duecento. Proprio
negli affreschi della cappella delle Grazie in San Domenico l’imposta-
zione architettonica sembra scegliere come modello i partiti decorativi
del ciclo francescano di Assisi, più facilmente accettato nella nostra re-
gione, in cui, per gli stretti legami politici e la prossimità con la Fran-
cia, il gusto per il gotico d’oltralpe rimase presente come sostrato per
tutto il Trecento, fino ad avere un suo naturale sbocco in Jaquerio e nel
gotico internazionale
43
.
Vicine agli affreschi torinesi per stile e cronologia sono le due pagi-
ne miniate del codice degli statuti di Torino del 1360, detto «Codice
della Catena», in cui sono rappresentati i santi protettori della città e
gli stemmi di Torino e dei Savoia: le figure si stagliano sul fondo dora-
to con eleganza cavalleresca, pur presentando qualche incoerenza nel-
le proporzioni dei personaggi
44
. Al contrario la maggior parte dei libri
trecenteschi conservati in ambito torinese non ha decorazioni, oppure
ha ornati a penna e pennellino, come conveniva a testi di studio; re-
stano alcuni disegni e schizzi come quelli di un anonimo scriba pinero-
lese nel volume degli estimi dell’Archivio Storico di Pinerolo (terzo de-
cennio del Trecento), o quello con un personaggio che suona la campa-
42
g. romano
,
Gli affreschi del Trecento in San Domenico a Torino. Storia di un restauro
, Torino
1986;
a. guerrini
,
La chiesa abbaziale di Novalesa. Cantieri conclusi, cantieri aperti
, in «Bollettino
d’Arte. Ministero per i Beni Culturali e Ambientali», luglio-ottobre 1993, nn. 80-81, pp. 163-81,
in particolare p. 167.
43
romano
,
Gli affreschi del Trecento in San Domenico
cit., p. 19;
segre montel
,
L’arte nella
Torino medievale
cit., p. 114-15.
44
Ibid.
, pp. 115, 118-19; è interessante, anche se per ora non confermabile, l’ipotesi attribu-
tiva al pittore Giovanni Jaquerio, che lavorò per il comune torinese tra il 1375 e il 1385. Per i do-
cumenti relativi a questo pittore si veda anche
a. baudi di vesme
,
Schede Vesme
, IV, Torino 1982,
p. 1381.