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È in questo panorama che bisogna introdurre l’ancora sfuggente fi-

gura di Giorgio dell’Aquila, pittore fiorentino che i numerosi documenti

indicano attivo per la corte sabauda dal 1314 al 1348 (anno della mor-

te); in qualità di

pictor domini

dipinse tavole ed affreschi per le residenze

più importanti degli Acaia e dei Savoia, a Chambéry, Pinerolo, Alta-

comba, Le Burget, e di cui purtroppo nulla è rimasto

61

. Sorge legittimo

il dubbio riguardo al suo stile, in quanto, come già detto, le testimo-

nianze superstiti della prima metà del Trecento non mostrano che de-

boli tracce della conoscenza degli sviluppi della pittura fiorentina dei

primi decenni del secolo, e piuttosto mediate proprio attraverso la Fran-

cia. Non resta che immaginarlo, come suggerisce Giovanni Romano, co-

me un «ostinato ed isolato divulgatore nella nostra regione del verbo

giottesco più arcaico»

62

.

Alla luce di queste considerazioni, è possibile individuare nei Mae-

stri di Montiglio e di San Domenico di Torino una naturale prosecu-

zione di una stagione ormai quasi del tutto perduta, che, forte delle pre-

messe legate al gotico d’oltralpe, oppose una notevole resistenza ai mo-

delli del giottismo ortodosso, dando forma ad opere in cui convivono

elementi di spazialità già moderna e gusto per linee sinuose, colori vi-

vaci, eleganze «mondane» anche in soggetti religiosi

63

.

Istruzione e cultura

347

61

v. viale

,

Arte alla corte sabauda e in Piemonte nel

xiv

e

xv

secolo

, in «Atti e rassegna tecni-

ca della società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino»,

v

(1951), n. 6 (pagine non numera-

te);

g. romano

, scheda 47, in

castelnuovo

e

romano

(a cura di),

Giacomo Jaquerio e il gotico in-

ternazionale

cit., pp. 265-69;

r. passoni

,

sub voce

«Giorgio dell’Aquila», in

castelnuovo

(a cura

di),

La pittura in Italia

cit.,

ii

, p. 568;

e. rossetti brezzi

,

sub voce

«Giorgio dell’Aquila», in DBI,

XXXVII, pp. 216-17;

romano

,

Tra la Francia e l’Italia

cit., p. 173. Per i documenti su Giorgio

dell’Aquila si vedano

dufour

e

rabut

,

Les peintres et les peintures en Savoie

cit., pp. 15-29, e

bau-

di di vesme

,

Schede Vesme

cit., IV, pp. 1317-24.

62

castelnuovo

,

Appunti per la storia della pittura gotica

cit., p. 102;

romano

, scheda 47 cit.,

p. 268;

id

.,

Gli affreschi del Trecento in San Domenico

cit., p. 19;

id.

,

Tra la Francia e l’Italia

cit.,

p. 173.

63

Di questa fase di primo Trecento «stupendamente arcaizzante» rimangono tracce più con-

sistenti in Liguria ed in Lombardia, ad esempio nel Maestro di Santa Maria di Castello a Geno-

va, o nella tomba Fissiraga a Lodi, o nel ciclo di sant’Abbondio a Como:

romano

, scheda 47 cit.,

p. 266; per il Maestro di Santa Maria di Castello si veda da ultimo

f. bologna

,

Alle origini della

pittura ligure del Trecento: il Maestro di Santa Maria di Castello e Opizzino da Camogli

, in

Homma-

ge à Michel Laclotte […]

cit., pp. 15-29. Non resta traccia invece di una pittura a carattere profa-

no, di cui è documentata l’esistenza a Rivoli nel 1310, illustrante un fastoso corteo di principi e

dignitari per il passaggio dell’imperatore Arrigo VII di Lussemburgo nelle terre sabaude. La sce-

na fu affrescata nella sala grande del castello di Rivoli; i personaggi rappresentati erano 44, tutti

dotati di emblemi e stemmi; l’ipotesi che l’autore potesse essere Giorgio dell’Aquila non è con-

fermata da alcuna prova (

viale

,

Arte alla corte sabauda

cit., pagine non numerate;

baudi di ve-

sme

,

Schede Vesme

cit., IV, pp. 1323-24). Viale ritiene che un indizio per ritrovare qualche labi-

le traccia della pittura di Giorgio da Firenze sia costituito da alcuni frammenti, purtroppo assai

ridipinti, conservati nel castello di Chillon sul lago di Ginevra. L’autore di questi affreschi, se-

condo i documenti, fu un Jean de Grandson nel 1342-44, che nel biennio 1341-42 fu pagato in-

sieme a Giorgio per i dipinti della cappella di Altacomba. I pochi affreschi di Chillon, con scene