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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
banchi nei giorni di mercato e di fiera
24
. Anche il macello era ospitato
sotto una tettoia sostenuta da colonne e attraversata da una via, ai lati
della quale vi erano gli spazi in cui i beccai procedevano alla macella-
zione e alla vendita della carne. All’estremità meridionale della piazza,
sul sagrato della chiesa di San Gregorio, erano venduti i pesci. I catasti
del 1363 riportano i nomi di alcuni pescatori che risiedevano in quell’iso-
lato: non sembra però che a Torino gli artigiani o le persone che eserci-
tavano lo stesso mestiere abitassero nella stessa zona o nella stessa via,
anche se il quartiere di Porta Doranea era indubbiamente quello in cui
si concentrava la maggior parte dei commercianti.
Altri spazi venivano utilizzati per la vendita: nella piazza del duo-
mo si teneva settimanalmente, al sabato, il mercato del bestiame e nei
pressi della chiesa di San Simone vi era la piazza del mercato degli asi-
ni. Si tenevano a Torino anche due fiere periodiche, quella di San Gior-
gio ad aprile e quella di Ognissanti a novembre. Riguardavano la com-
pravendita di animali e avevano luogo fuori città, nei pressi di Porta
Marmorea in una zona chiamata «in Monteruchiis», vicino al prato di
San Severo
25
.
Lungo la piazza del mercato si trovava la quasi totalità delle botte-
ghe della città. Le case adibite a funzioni commerciali erano dotate di
portici, sotto cui si collocavano i banconi o i tavoli per esporre la mer-
ce. Le botteghe vendevano soprattutto panni, ma c’erano anche merce-
rie, spezierie e formaggerie.
Anche lo spazio aperto della piazza veniva utilizzato per la vendita:
a metà Trecento il clavaro sabaudo riscuoteva l’affitto di ventisette ban-
chi situati sul mercato, ma nel 1360 Amedeo VI preferì ordinare che la
piazza restasse sgombra e rinunciò ai proventi. Tuttavia pare che anco-
ra vi si sistemassero i venditori forestieri nei giorni di mercato
26
.
I duchi non vantavano diritti invece sui forni, come invece avveni-
va ad esempio a Moncalieri. In ogni quartiere c’erano forni pubblici di
diritto signorile, appartenenti alle grandi famiglie. Alcuni sono citati in
documenti del
xiii
secolo, quali il forno dei della Rovere nel quartiere
di Porta Marmorea, un forno di Ruffino Borgesio nella parrocchia di
San Pietro
curteducis
in Porta Doranea o un forno della
domina
Goya la
Pelliçona probabilmente nella parrocchia di Sant’Andrea, in Porta Pu-
24
f. cognasso
(a cura di),
Documenti inediti e sparsi sulla storia di Torino (998-1300)
, Pinero-
lo 1914 (BSSS, 65), p. 111, doc. 116 (13 novembre 1230).
25
ASCT,
Ordinati
, 39, cc. 110
r
-112
r
(20 ottobre 1398); 58, c. 101
r
(31 ottobre 1418); 50, cc.
36
r
-36
v
(22 aprile 1419).
26
bonardi
,
L’uso sociale dello spazio urbano
cit., pp. 166 sgg.