

La scarsa sollecitudine con cui si vigilava sulle violazioni aveva un
contraltare nel moderato interesse verso le questioni urbanistiche mo-
strato dalla classe dirigente. Le decisioni in materia venivano prese all’in-
terno del consiglio comunale o più spesso da funzionari o commissioni
da questo incaricate: poiché non tutti i volumi in cui erano verbalizza-
te le riunioni del consiglio si sono conservati e non sempre venivano re-
gistrate le deliberazioni, è abbastanza difficile capire quale fosse l’at-
teggiamento dell’oligarchia.
Sembra comunque che non vi fosse una progettualità urbanistica
consapevole, ma si cercasse di rispondere alle necessità che via via si
presentavano. La maggior parte degli interventi a carattere edilizio ri-
guardò la manutenzione e il potenziamento delle opere di difesa, le mu-
ra, le torri e le porte urbane. A questi lavori erano chiamati a parteci-
pare tutti i cittadini, tramite
corvées
organizzate per quartiere: si ripa-
ravano periodicamente i fortalizi, si costituivano barriere con siepi,
palizzate, fossati
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.
Un altro problema che si ripresentava periodicamente all’attenzione
dei consiglieri era l’approvvigionamento idrico della città, che veniva
garantito dai canali derivati dalla Dora e dai pozzi. Era necessario in-
fatti che l’acqua scorresse abbondante all’interno delle mura, senza per
questo impoverire l’irrigazione dei campi a monte dell’abitato. I canali
dovevano essere drenati e riparati periodicamente, per evitare che gli
straripamenti danneggiassero le strade. Anche in consiglio comunale si
ribadì più volte il divieto di utilizzare l’acqua dei fossati extraurbani per
la lavorazione delle pelli e della canapa. I pozzi urbani erano sottoposti
a manutenzione a spese degli utenti: nel 1328 si deliberò un innalza-
mento delle spallette di quelli vicinali poiché alcuni bambini erano mor-
ti cadendovi dentro.
La supervisione urbanistica teneva conto in primo luogo della salva-
guardia del suolo pubblico. Soprattutto nella zona dei mercati si vigila-
va affinché le strutture di vendita non eccedessero dagli spazi coperti a
esse destinati, come si riaffermò in un’ordinanza del 1374 che discipli-
nava la collocazione dei banchi e dei tavoli sotto i portici della piazza.
Nella stessa occasione si ordinò la rimozione dalla strada principale e da
tutte le strade pubbliche di ogni banco, tavolo, scala esterna o altro im-
pedimento che sporgesse dal filo delle case
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.
Il controllo dell’attività edilizia privata non doveva essere capillare,
come sembra indicare la scarsità di richieste esaminate. Del resto, il fat-
La città e il suo territorio
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roccia
,
Quartieri e carignoni
cit., pp. 53-53.
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bonardi
,
L’uso sociale dello spazio urbano
cit., pp. 173-75.