

Per meglio comprendere come si sia giunti a questa decisione, che
sanzionò una volta per tutte la prevalenza politica di Torino rispetto al-
le altre comunità piemontesi, è opportuno fare un passo indietro e ri-
percorrere le alterne vicende della concorrenza fra Torino e le altre città
piemontesi per ospitare la sede dello Studio: dell’istituzione, cioè, che
nel 1436 il duca volle legare indissolubilmente al Consiglio cismontano
e che con il personale di quest’ultimo intratteneva anche in precedenza
forti legami. Come già si è accennato, la fondazione dello Studio era av-
venuta sotto il segno della rivalità fra Torino e Pinerolo: fin dal 19 di-
cembre 1400, infatti, il consiglio comunale pinerolese aveva discusso
della possibilità di creare uno Studio in città. La questione, rimasta per
il momento in sospeso, fu riproposta a Ludovico d’Acaia negli anni 1403
e 1404, quando professori e studenti di Pavia e Piacenza decisero di cer-
carsi una sede più tranquilla di quella offerta, in quel momento, dai do-
mini viscontei: proprio per venire incontro alle loro esigenze la sede pre-
scelta non fu Pinerolo ma Torino, meglio situata dal punto di vista del-
le comunicazioni con la Lombardia
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.
Tuttavia lo Studio non mise per allora radici a Torino: sospesa l’at-
tività fra il 1406 e il 1411, in seguito alla guerra che infuriava anche in
Piemonte, la riprese per qualche anno in condizioni precarie, ma già nel
1419 chiese di potersi trasferire a Chieri, alla ricerca di condizioni più
confortevoli in un centro urbano che era a quella data, come sappiamo,
assai più ricco e popoloso. Proprio in quegli anni infatti la popolazione
torinese raggiungeva il minimo storico, e lo scontento di professori e
studenti non è che una conferma della crisi in cui versava la città, «de-
pupulatam, egenam et depauperatam ex guerris et epidemiis que dudum
viguerant in patria», come avrebbe osservato qualche anno dopo in pre-
senza del duca un oratore torinese. E infatti, sebbene la supplica rivol-
ta al duca nel 1419 sia apparentemente rimasta senza risposta, lo Stu-
dio non tardò a trasferirsi di propria iniziativa a Chieri: al più tardi nel-
la primavera del 1421 esso risultava attivo nella nuova sede, dove il
Consiglio comunale deliberava di far richiesta affinché «habeantur pri-
vilegia papalia et imperialia Studii generalis in Cherio sub eadem forma
que fuit concessa Taurini». Nello stesso momento, a Torino, il clero ri-
fiutava di pagare il contributo imposto da papa Martino V a favore del-
Torino e le comunità del Piemonte nel nuovo assetto del ducato sabaudo
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Sull’origine dello Studio torinese, e per tutto ciò che segue fino alla conclusione del presente
paragrafo, si vedano
f. gabotto
,
L’Università in Piemonte prima di Emanuele Filiberto
, Torino 1896,
in particolare pp. 33 sg.;
vallauri
,
Storia delle Università degli Studi del Piemonte
cit., in partico-
lare pp. 57-75 con relative note, e docc.
xiii-xxii
;
e. bellone
,
Il primo secolo di vita dell’Università
di Torino (secoli
xv-xvi
)
, Torino 1986; e in sintesi
nada patrone
,
Il Medioevo in Piemonte
cit., pp.
302-9. Altri documenti citati in
HPM
,
Leges
, I, c. 452; PD 75, f. 189.