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numerose stalle, apparentemente assenti altrove, suggerisce la precipua

vocazione all’allevamento di queste aziende

111

.

Le principali direttrici della disseminazione dell’insediamento in que-

st’area sono rappresentate dalla cosiddetta Riva Gagliarda e dalla Mad-

dalena, poste immediatamente al di là della Dora, dalla zona dei «bur-

roni», sulle due rive della Stura, poco prima della confluenza con il Po,

da Madonna di Campagna, dal Villaretto e dal «gerbum Sachorum», si-

tuato presso la strada per Leinì, oltre la Stura, e infine dalla regione nei

pressi della confluenza fra la Ceronda e la stessa Stura.

Particolarmente importante, fra gli altri insediamenti, è quello che

si sviluppa alle Vallette, dove, per iniziativa della famiglia dal Pozzo,

sorge una grangia composta da numerosi edifici, al centro di un’azien-

da di ben 375 giornate equamente suddivise fra arativo e prato

112

.

L’azione della famiglia Ranotti documenta in maniera esemplare gli

elementi più significativi dello sviluppo in atto in queste zone. Essi in-

fatti operano in modo da procedere nello sviluppo del Villaretto attra-

verso il consolidamento degli edifici, che traspare nelle descrizioni con-

segnate negli estimi, attraverso la valorizzazione dei terreni per mezzo

dell’irrigazione, attraverso l’incremento dei possessi. Ma anche attraverso

la costruzione di un mulino. Negli anni Novanta, infatti, Oberto Ranotti

chiede al comune di Torino e alla duchessa Bianca il permesso di poter

installare sui propri terreni una ruota per macinare il grano

113

. I testi del-

le due suppliche costituiscono una mirabile sintesi dei fenomeni in atto.

Il Ranotti vi narra come siano numerosi ormai i cittadini torinesi i quali

«habitant iam diu, et mansiones ac focos tenent, tam per se quam per eo-

rum massarios et colonos» oltre la Dora e la Stura. Essi incontrano mol-

te difficoltà a recarsi a macinare ai mulini della città, soprattutto d’in-

verno e durante le piene, tanto che sono «aliquando fame perituri ipsi

habitantes in dicta valle Sturie» e si vedono pertanto costretti a portare

il proprio grano ai mulini dell’abbazia di San Giacomo di Stura, di Al-

tessano, di Borgaro, di San Mauro. L’importanza di questa descrizione

è evidente: dimostra che le famiglie che ormai vivono assai lontane dal-

le mura cittadine, in edifici isolati, sono tanto numerose da giustificare

la costruzione di un nuovo mulino e fornisce un fondamentale chiari-

L’economia e la società

467

111

Cfr., ad esempio, Nuova 1488, f. 134

v

; Marm. 1488, f. 58

r

; Dor. 1488, ff. 18

v

, 41

r

, 121

v

,

124

v

, 129

v

, 141

r

; Pust. 1488, ff. 47

r

, 74

v

, 91

r

, 100

v

.

112

ASCT, Marm. 1488, f. 94

r

.

113

ASCT, Nuova 1488, ff. 32

v

, 66

v

, 159

v

: i testi delle due suppliche si possono leggere in

s.

a. benedetto

(a cura di),

I mulini di Torino nelle fonti documentarie dell’archivio comunale

, in

brac-

co

(a cura di),

Acque, ruote e mulini

cit., pp. 248-49.