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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
pertanto di un contratto di tipo certamente non mezzadrile a causa del-
la natura fissa anziché parziaria dei canoni, ma che a tale tipologia si av-
vicina invece per gli obblighi imposti al fittavolo. Fra le pieghe del te-
sto, peraltro, sembrerebbe di poter leggere che i conduttori precedenti,
compaesani del subentrante, fossero legati da un contratto di natura più
propriamente mezzadrile. È da notare inoltre che, come ricordato in
precedenza, tale podere risulta a sua volta ritagliato da un complesso di
dimensioni più ampie con il fine evidente di costituire un’azienda di en-
tità corrispondente alle necessità di una famiglia conduttrice, secondo
un processo reiterato più volte a opera di diverse importanti famiglie
cittadine
129
.
Altri contratti, più tardi, che il Panero chiama di «locazione di mas-
seria», mostrano invece chiaramente il rapporto con la mezzadria clas-
sica piemontese, sia per la natura parziaria dei canoni, la cui entità oscil-
la però fra il terzo e la metà a seconda dei prodotti, sia per la tipologia
delle clausole, che vincolano la famiglia alla residenza sul fondo e all’ef-
fettuazione di lavori sempre attentamente elencati, fra i quali non man-
cano le opere di manutenzione degli immobili e talora anche prestazio-
ni extrapoderali di aratura, mietitura e trasporto a favore del proprie-
tario
130
.
L’abbondanza di forza lavoro derivante dalla proletarizzazione dei
piccoli proprietari, l’accorpamento dei possessi e la maggiore sicurezza
dei tempi forniscono pertanto alle
élites
cittadine l’opportunità di rior-
ganizzare le proprie aziende agricole secondo il modello poderale, già as-
sai diffuso in tutta l’Italia centro-settentrionale. I numerosi uomini pri-
vi di terra propria si rendono disponibili a insediarsi nelle nuove casci-
ne in qualità di massari, dando così origine a un insediamento sparso,
in cui accanto alle abitazioni contadine e agli edifici agricoli sorgono ta-
lora i
palacia
, vere e proprie «case da signore», in cui il proprietario può
«spostarsi a villeggiare, raccogliere i prodotti e sorvegliare le operazio-
ni agricole»
131
secondo un modello molto vicino a quello della mezzadria
classica.
Ma il contributo dei grandi proprietari all’espansione dell’insedia-
mento sparso non è esclusivo. Questo modello infatti dimostra una gran-
129
Cfr. sopra, p. 455, testo corrispondente alla nota 75;
barbero
,
Un’oligarchia urbana
cit.,
pp. 124-129.
130
Cfr.
f. panero
,
Viticoltura, patti mezzadrili e colonia parziaria nel Piemonte centro-meridio-
nale (secoli
xv
-
xvi
)
, in
r. comba
(a cura di),
Vigne e vini nel Piemonte rinascimentale
, Cuneo 1991,
pp. 105-29 (in particolare pp. 118-19).
131
cherubini
,
Le campagne italiane
cit., p. 363.