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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
menti del comune di Ivrea. Lo dimostrano i
capitula
dell’«ars lanaterie,
draperie ac lane subtillis», alla cui emanazione il 31 marzo 1425 inter-
venne, evidenziando con la propria partecipazione il sostegno dell’ap-
parato ducale, lo scudiero Giovanni di Airasca dei signori di Piossasco,
in rappresentanza del vicario di Torino Giovanni di Compeys. In quel-
l’occasione, nell’intento di sviluppare in città la fabbricazione di drap-
pi «sottili» con lane di Arles, borgognone e provenzali, furono abroga-
te le disposizioni statutarie del 1360, giudicate obsolete perché emana-
te quando ancora vi si fabbricavano
panni grossi taurinenses
. Torino
abbandonò così la sua produzione tessile tradizionale, cercò un proprio
spazio sul mercato dei tessuti di qualità e, per raggiungere tale scopo,
mise appunto in atto una politica di incentivazione dell’immigrazione
di manodopera specializzata e di sostegno finanziario a quanti si impe-
gnavano nello sviluppo dell’arte. Si previde l’immigrazione di un mas-
simo di quattro
magistri
desiderosi di praticare in città l’«ars lanaterie
seu draperie», da sovvenzionare con un contributo di 8 fiorini di peso
piccolo ciascuno per affrontare le spese di affitto di una casa. Il primo
di questi immigrati sarebbe stato Francesco Botalli, un artigiano di Pi-
nerolo che i
capitula
presentano di fatto come socio di due
mercatores
to-
rinesi, suoi garanti: Giovanni Perrachinoto, figlio del fabbro Bartolo-
meo che si era dato anche alla fabbricazione e al commercio delle tele-
rie, e Giovanni Galesio, cimatore di origine pinerolese che si era poi
dedicato alla tintura dei panni ed, evidentemente, ad attività commer-
ciali. Il comune sostenne la loro attività sia con un prestito al Botalli di
200 fiorini di peso piccolo, sia con un contributo a fondo perduto di 10
fiorini al Galesio per la costruzione in luogo più adatto di una
cauderia
per la tintura e di una fornace per la cottura delle ceneri. A questi in-
centivi si aggiunse lo stanziamento di un fiorino e mezzo d’oro l’anno
per la locazione del terreno su cui sarebbero sorti due tiratoi (
cloverie
).
Erano infine pattuite prestazioni di lavoro coatto (
royde
) collettivo per
la costruzione di questi ultimi, di un
molendinum
per il guado e di al-
meno una gualchiera
150
.
Gli incrementi patrimoniali dei tre soci dimostrano che i loro affari
andavano abbastanza bene. Nel 1428 il Perrachinoto dichiarava a cata-
sto una casa con bottega, banchi e portico nella centrale parrocchia di
San Benigno, un quarto di
ressia
, di un mulino da guado, di una gual-
chiera e di una giornata di vigna e prato indivisi con il fratello Pietro,
fabbro, e la metà di un’altra abitazione in comproprietà con la moglie; il
secondo, che fra l’altro era suo vicino di casa, possedeva invece tre
do-
150
ASCT, f. s., n. 3845;
benedetto
,
Macchine idrauliche
cit.