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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
minarle fu addirittura nominata in consiglio una commissione di sei mem-
bri, che il 15 novembre 1427 si accordò con quattro
draperii
di origine
milanese ma provenienti da Novara, i fratelli Giacomino, Giovanni, Bar-
tolomeo e Stefano Cornaglia, per la produzione di panni di qualità. Il co-
mune sostenne l’iniziativa sia prestando loro gratuitamente 200 fiorini
di peso piccolo da restituirsi in tre anni, sia concedendo un contributo
quinquennale a fondo perduto di 10 fiorini annui per le spese di affitto
dei locali necessari all’attività, sia infine costruendo a spese della città
due
cloverie
e una gualchiera, da concedere loro in uso gratuito. Per con-
tro i fratelli Cornaglia si impegnarono a risiedere per almeno dieci anni
in Torino esercitandovi l’«officium pannorum finium et bonorum», ma,
«hospite insalutato», fuggirono a Chivasso prima che scadessero i tre an-
ni previsti per la restituzione del prestito costringendo il comune ad av-
viare le azioni necessarie a ricuperare almeno la somma prestata
153
.
La stessa commissione che si era messa d’accordo con i Cornaglia
quando «venerunt habitare Taurini» esaminò qualche mese dopo la ri-
chiesta del drappiere Giorgio Paglieri di Vigevano, che intendeva eser-
citare a Torino l’
ars pannorum
154
. Questi fu sì accolto in città, dove giun-
se con i figli all’inizio del 1428, ma non gli vennero concessi prestiti:
ottenne tuttavia che il comune gli sborsasse 7 fiorini l’anno come con-
tributo per l’affitto di una casa e che lo esonerasse per dieci anni da ogni
pagamento relativo all’uso di stenditoi e gualchiere. Sette anni dopo do-
vette ricorrere al Consiglio cismontano: a non stare ai patti questa vol-
ta era il comune che da un triennio non gli versava il sussidio pattuito.
Nel 1441 egli si faceva portavoce dei «drapperii et lanaterii» che lavo-
ravano la lana in città per ottenere dal Maggior Consiglio l’autorizza-
zione ad avvalersi nell’esercizio della loro arte delle norme approvate
l’anno precedente per Pinerolo. Il lavoro, dunque, non gli mancava, co-
me conferma l’acquisto di qualche giornata di terra. Del resto ancora
nel 1438 da Vercelli era immigrato a Torino un mercante noto come
Domenico Scaravelli che praticava l’«ars lanaterie» e qualche anno do-
po, senza contare i due
paratoria
comunali previsti dalle convenzioni del
1425 con il Botalli e del 1427 con i fratelli Cornaglia di cui non si ha
tolino Solaro di Milano: ASCT,
Ordinati
, 63, ff. 160
r
, 170
r
; 64, ff. 12
v
, 14
v
-15
r
, 36
v
, 38
r
, 39
r
,
40
r
. Accettazione di fustanieri: ASCT,
Ordinati
, 67, ff. 156
v
-157
v
(2 ottobre 1436).
153
ASCT,
Ordinati
, 64, ff. 92
v
-93
v
; 65, f. 107
r
(verbale dell’11 agosto 1430).
cibrario
,
Sto-
ria di Torino
cit., I, pp. 410-11, e da ultimo soprattutto
roccia
,
Un documento sull’introduzione
dell’arte serica
cit., p. 718. Cfr.
benedetto
,
Macchine idrauliche
cit., p. 182. La gualchiera a cui ac-
cenna la convenzione fu sicuramente costruita, presso quella di Giovanni de Moranda, nella pri-
ma metà del 1428:
bracco (
a cura di),
Acque, ruote e mulini
cit., II, p. 238.
154
ASCT,
Ordinati
, 64, ff. 95
r
-96
r
. Diversa lettura in
barbero
,
Un’oligarchia urbana
cit.,
p. 145.