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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

Nuova per quanto riguarda il settore di attività che si intendeva svi-

luppare, tale scelta si inquadrava perfettamente nella politica popola-

zionistica tendente al reclutamento di manodopera specializzata che il

gruppo dirigente torinese aveva autonomamente condotto nel secolo pre-

cedente e ottenne certamente il risultato di radicare il Binago e la mo-

glie in città. L’introduzione della lavorazione della seta a Torino non

era tuttavia argomento di cui il potere centrale, ben cosciente, sin dagli

anni Venti del secolo, della situazione drammatica in cui versava in Pie-

monte il settore tessile, potesse disinteressarsi; a Milano, del resto, era

stata proprio un’iniziativa ducale di chiaro orientamento protezionisti-

co a porre, cinque anni prima, basi relativamente solide per lo sviluppo

dell’arte.

Fu così che, meno di due anni dopo, sull’argomento si verificò spon-

taneamente una convergenza di intenti fra il duca e il consiglio comu-

nale: il 4 novembre 1449 Ludovico di Savoia, nonostante che sollecita-

zioni in tal senso gli fossero giunte da più parti, concesse infatti, che, se

il comune di Torino fosse stato d’accordo, potesse immigrarvi e svol-

gervi per un decennio la propria attività nella confezione di tessuti di

seta mastro Giovanni da Serravalle. In meno di un mese questi fu accol-

to come

habitator

e, come prevedevano gli accordi fra la comunità e il

principe, ottenne una casa idonea allo svolgimento del proprio lavoro

168

.

Paolo Grillo ha chiarito recentemente il contesto politico-economi-

co in cui tale migrazione avvenne. Essa va collocata nella situazione di

grave crisi che colpì la manifattura serica a Milano a partire dal 1447

a causa della guerra contro Venezia, della scomparsa di Filippo Maria

Visconti e della conseguente fine della sua dinastia, che significava fra

l’altro la perdita di un «importantissimo committente». Probabilmen-

168

ASM, Fondo notarile, Giacomo Brenna, cart. 1413, 14 febbraio 1454: patti di apprendi-

stato fra Andrino da Binago fu Antonio, cittadino milanese ma «moram trahens in civitate Turi-

ni ducatus Sabaudie, magister faber» e Girardo fu Girardo della val Vigezzo con il figlio Antonio,

che si impegna a lavorare per dieci anni «de arte fabrorum seu fabricerie […] in dicta civitate Tu-

rini»: Antonio sarà mantenuto gratuitamente e riceverà entro dieci anni 25 fiorini da 32 soldi, da

cui detrarre le spese fatte «in vestimentis et calciamentis»; ASM, Fondo notarile, Giacomo Bren-

na, cart. 1413, 10 maggio 1454: patti quinquennali dello stesso tenore fra Andrino e Leonardo «de

Sqassis» fu Daniele di Milano. Devo le segnalazioni alla cortesia di Paolo Grillo, che ringrazio. An-

drino da Binago risulta residente a Torino ancora agli inizi degli anni Sessanta del Quattrocento

(AST, Camerale, inv. 48, f. 13, mazzo unico, n. 4, dal 3 luglio 1462 all’11 dicembre 1464, f. 5

r

),

dove possiede una casa «de qua facit stallam», nella parrocchia di San Simone (ASCT, Marm.

1464, f. 36

r

). Nel 1478, dopo la sua morte, vi è menzionato il figlio Francesco

aurifaber

, che pos-

siede tre case, di cui due con botteghe sulla piazza del mercato, e 2

g.te

di alteno (ASCT, Dor.

1478, f. 53

v

). Questi è ancora a Torino trent’anni dopo (Dor. 1488, f. 32

r

, stessi beni del 1478;

Marm. 1510, f. 88

r

, solo casa). Ringrazio Stefano Benedetto per le due ultime segnalazioni. G. da

Serravalle:

comba,

Dal velluto

cit., p. 22.