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Dei tre soci che stipularono la convenzione del 1453 l’unico a fre-

quentare la città in modo probabilmente episodico fu Antonio Paniga-

rola, di cui è nota una lettera allo Sforza scritta da Torino il 4 novem-

bre 1455, ricca di informazioni riservate su problemi interni del ducato

sabaudo avute dal vescovo della città e indirettamente dal suo consan-

guineo Antonio di Romagnano, presidente del Consiglio cismontano. A

documentare la continuità della manifattura serica a Torino è comunque

un libro di conti (

Liber racionum

) del comune, che nel 1463 fa esplicito

riferimento a un «instrumentum obligacionis» della città nei confronti

di un altro Panigarola, Giovanni, e dei suoi soci, che un ventennio pri-

ma sappiamo reggere la filiale ginevrina del banco di famiglia e avere la

disponibilità di una partita di pelli di pecora e di montone depositata ad

Avigliana: lo scopo del nuovo

instrumentum

, rogato come il primo dal

notaio Ibleto de Clara, era, a quanto pare, ancora quello di promuovere

la fabbricazione di tessuti di seta in città: «ad operandum pannos siri-

cos»

180

.

I dati che è possibile raccogliere sulla lavorazione della seta a Torino

fra

xv

e

xvi

secolo sono ancora più frammentari di quelli sin qui discus-

si, ma non sembrano lasciare dubbi sulla continuità di tale attività eco-

nomica in città: si sa per esempio che a fine Quattrocento in certe mer-

cerie torinesi, come quella di Andrier Vede, che serviva la duchessa Bian-

ca di Monferrato, appassionata di lavorazioni seriche, era possibile

trovare seta cruda da destinare alla tessitura. Occorrerebbe però saper-

ne molto di più: a partire dalla figura di Michele Heril di Barcellona che

sovrintendeva per lei ad alcune fasi della preparazione della preziosa fi-

bra tessile e si procurava a Venezia i colori necessari alla tintura.

Assai più esplicite sono, in quegli anni, le attestazioni relative alla

gelsicoltura e alla sua diffusione. Un’annotazione di pagamento da par-

te della duchessa, il 24 maggio 1490, a una certa Caterina di Pecetto che

le aveva più volte portato «de foilles de mourer pour les vers qui fas-

soyent la soye» costituisce al medesimo tempo l’attestazione più antica

della coltivazione del gelso nei dintorni di Torino e il primo, esplicito,

accenno all’allevamento di bachi da seta in città. Fu però soltanto at-

torno al 1510 che la diffusione della gelsicoltura nelle campagne torinesi

divenne oggetto di attenzione da parte ducale. A sollecitare quest’ulti-

ma era stato un nobile torinese, Baldassarre della Catena, qualificato an-

L’economia e la società

491

180

Antonio Panigarola: ASM, Sforzesco, cart. 478, n. 56; cfr. sopra, nota 172. Antonio di Ro-

magnano:

l. marini

,

Savoiardi e piemontesi nel ducato sabaudo (1418-1601)

, I, Roma 1962, pp. 81

sgg. Affari di Giovanni Panigarola ad Avigliana e a Ginevra: ASM, Fondo notarile, cart. 791, Am-

brogio Medici;

barbieri

,

Origini del capitalismo lombardo

cit., p. 409.

Instrumentum obligacionis

:

ASCT, Coll. V, 1041,

Liber racionum comunitatis Taurini

, (1462 -72), f. 20

r

.