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sei anni fu invece effettivamente stipulata nell’ottobre 1528, con un al-

tro

magister

milanese, Innocenzo o Ambrogio Morosini, che, oltre ai con-

sueti privilegi fiscali, ottenne per ogni telaio operante un contributo di

25 fiorini l’anno, a condizione di far lavorare con i propri

opperarii

al-

meno quattro telai

184

.

Altri documenti chiariscono le forme dell’organizzazione della pro-

duzione, in cui appare ancora una volta determinante il ruolo della ma-

nodopera femminile. Così nel 1527 la moglie di mastro Giacomo da San

Benedetto di Carcaveglia, nei dintorni di Ceva, aiutava il marito a di-

panare la seta, a distinguerla secondo la grossezza e qualità e a incannarla

su rocchettini; il loro lavoro era retribuito a cottimo, in ragione di 6 gros-

si per libbra di seta lavorata, più il costo della pigione della casa. Anto-

nina, moglie di mastro Bartolomeo Gallo immigrato in città da Racco-

nigi «pro faciendo settam», era invece specializzata nella tessitura di vel-

luti; collaborò con lui finché egli visse, poi, rimasta vedova con cinque

figlie nubili, si rivolse nell’agosto 1529 al consiglio comunale chiedendo

un sostegno finanziario per trovare una casa in affitto e poter così con-

tinuarne l’attività. Nel 1533 operava ancora come

velluteria

e, presen-

tata una nuova istanza, ricevette un sussidio di 30 fiorini per pagare la

pigione di quell’anno. Queste notizie mostrano che anche a Torino nel-

le lavorazioni seriche era applicato il diffusissimo sistema del lavoro a

domicilio. La tintura dei panni, per esempio, era affidata a personale spe-

cializzato: così, con un contratto biennale stipulato nel dicembre 1527,

un Genovese, mastro Sebastiano de Insula si impegnò con un Benedet-

to de Gottofredi dei signori di Buronzo, a tingere per lui seta di qual-

siasi colore e qualità e a non prestare ad altri la propria opera, in cambio

di vitto, alloggio e 7 fiorini e mezzo di Savoia mensili

185

.

Milano, Racconigi e il Genovesato continuavano dunque a costitui-

re, a distanza di quasi un secolo dalle prime attestazioni relative all’im-

migrazione di setaioli in città, aree essenziali di reclutamento di mano-

dopera specializzata nella lavorazione della seta. Qualcosa tuttavia era

cambiato, in sintonia con quanto da tempo si stava verificando in nu-

merosi centri subalpini: a investire i capitali nel setificio non erano più

soltanto imprenditori forestieri, milanesi soprattutto, era anche, come

dimostra l’impegno imprenditoriale del Buronzo, qualche esponente del-

lo stesso ceto nobiliare. Tuttavia, proprio in quegli anni, un osservato-

re attento della realtà economica del ducato sabaudo come il maestro ge-

L’economia e la società

493

184

ASCT,

Ordinati

, 97, ff. 55

r

, 59

r

; 98, f. 36

r

; ASCT, Carte Sciolte, n. 3843; ASCT, Prot. e

minut., 6, ff. 429

r

-430

r

.

185

comba,

Dal velluto

cit., pp. 26 sgg.;

benedetto

,

Macchine idrauliche

cit., pp. 186-87.