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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

di servizio»

193

. Nel 1531 la sola tettoia, ricoperta di tegole, in cui si tro-

vavano i magli era di ben cinque campate. Dalle mani dei Pogetti esso

passò infine a far parte del patrimonio del comune, che ne acquistò in

quell’anno i tre quinti e ne completò l’acquisizione negli anni seguenti

194

.

Sempre nel 1424 era stato costruito su autorizzazione ducale da Gio-

vanni Moranda, che sappiamo impegnato nella produzione e nel com-

mercio dei panni e di altre merci, un altro martinetto per le spezie che,

in meno di dodici anni, fu ampliato e modificato in modo da poter es-

sere utilizzato anche per la macinazione della

galla

e per la lavorazione

del rame

195

.

Accanto a queste lavorazioni attorno alla metà del Quattrocento si

affermò via via più chiaramente in città un artigianato metallurgico spe-

cializzato nella fabbricazione di armi, in buona parte sostenuto dall’im-

migrazione di manodopera qualificata. Così vennero probabilmente

accettati come

habitatores

Paolo figlio di Bartolomeo Celoira, definito

come «bonus factor viretonorum, balistarum, arcuum et pulverum bom-

barde», sulla cui richiesta il consiglio discusse il 10 agosto 1441 dele-

gando la decisione ad un’apposita commissione consiliare, e un armaio-

lo milanese, mastro Leone de Monte, la cui domanda venne esaminata

il 21 dicembre 1446 e che sappiamo attivo a Torino un decennio dopo

196

.

È però ancora una volta la presenza di certe macchine idrauliche, le

mo-

lerie

, già relativamente diffuse a Torino nei primissimi anni del secolo,

a fornire una più precisa traccia da seguire per delineare un abbozzo del-

lo sviluppo di questo settore nel secolo che precede la prima dominazio-

ne francese.

Nel 1453 uno dei più ricchi Torinesi del tempo, il

dominus

Antonio

de Strata originario della Valtellina («de Vallide»), registrò all’estimo, an-

che a nome del figlio Gian Giacomo protofisico ducale, un edificio di-

strutto acquistato da Riccardino Pogetti, dove un tempo, diceva, si affi-

lavano le armi e per il quale pagava al duca di Savoia 4 grossi l’anno. Nel

1457, nello stesso edificio si teneva ormai una fucina, ma ciò non pre-

giudicò lo sviluppo dell’attività di molatura: nell’estimo di quell’anno An-

tonio e i propri figli Vasino, Gian Giacomo e Borbone dichiararono in-

193

bonardi

,

Canali e macchine

cit., I, p. 119. G. Troya: Pust. 1428, f. 15

r

; Pust. 1436, f. 16

r

;

Pust. 1445, f. 16

v

. Frailino Varleta o «de Guarleta»; A. Pogetti: Pust. 1442, f. 65

r

; Pust. 1445,

f. 66

r

. M. Pogetti: Pust. 1453, f. 54

r

; Pust. 1464, f. 73

r

; Pust. 1470, f. 94

r

; Pust. 1485, f. 113

v

;

Pust. 1488, f. 111

r

.

194

bonardi

,

Canali e macchine

cit., I, pp. 120-21;

bracco (

a cura di),

Acque, ruote e mulini

cit.,

II, pp. 256-57.

195

Dor. 1428, f. 54

r

; Dor. 1436, f. 41

v

; Dor. 1442, f. 100

r

.

196

B. Celoira: ASCT,

Ordinati

, 70, ff. 32

v

-33

v

. Leone de Monte: ASCT,

Ordinati

, 71, f. 58

v

.