

bitator
nel febbraio 1403, gestì a lungo una bottega di speziale e giunse
a possedere, oltre la casa, una dozzina circa di giornate
206
. Fu però sol-
tanto a partire dagli anni Venti del Quattrocento che si delineò in mo-
do abbastanza chiaro un flusso migratorio verso la città di piccoli mer-
canti o artigiani-mercanti provenienti da Milano e da altre località lom-
barde, spesso destinati a radicarvisi e a fare una certa fortuna. Qualificati
per lo più come merciai (
mercerii
), essi vendevano probabilmente oggetti
vari, in particolare di piccola metallurgia, ma talora fabbricavano anche
calzature e si dedicavano al commercio delle pelli.
Mercerius
fu, per esem-
pio, un Milanese, mastro Giovanni Malacalza (
Malcouza
,
Malecauzatus
,
Malcalciatus
,
Malacauza
): ricevuto come
habitator
il 7 agosto 1426, egli
risiedette a lungo a Torino e accumulò un piccolo patrimonio terriero
207
.
Merciaio e probabilmente calzolaio fu pure mastro Antonino Solaro, for-
se parente di Bertramino e Ottolino Solaro, rispettivamente drappiere
e tintore, anche loro milanesi che, sempre nel 1426, richiesero al consi-
glio di credenza di poter immigrare a Torino. Proveniente come questi
ultimi dalla metropoli lombarda, Antonino fu accettato come
habitator
di Torino anteriormente all’agosto 1426, e si dedicò al commercio in
compagnia del figlio Giovanni, di cui è nota in quegli anni una vendita
di 500 pellicce di vaio (
vayri
) a Cristoforo Serra di Moncalvo. A quan-
to pare i due, che non avevano dimora propria, vissero, finché Antoni-
no morì verso la fine degli anni Trenta di quel secolo, in casa d’affitto:
è infatti noto un contratto del 14 marzo 1433 con cui essi ebbero in lo-
cazione per tre anni da Matteo Ainardi una casa nel quartiere di Porta
Doranea, parrocchia di San Silvestro, che dava sulla piazza del merca-
to del grano. Giovanni, fermatosi in città, riuscì verso la metà del seco-
lo ad accumulare un piccolo patrimonio fondiario che, forse per qualche
rovescio finanziario, successivamente si disperse: le 3 giornate di vigna
e bosco che egli possedeva nel 1442, divennero ben 24 nel 1457, alle
quali si aggiunse una casa nel quartiere di Porta Doranea, parrocchia di
Santa Maria del Duomo, e si ridussero a una sola giornata e mezza nel
1464, ferma restando la proprietà della casa
208
.
L’economia e la società
503
206
ASCT,
Ordinati
, 60, ff. 68
r
-70
v
; Marm. 1428, f. 109
r
; Pust. 1428, f. 33
v
; Pust. 1436,
ff. 37
v
, 42
v
; Pust. 1442, f. 68
r
; Pust. 1445, f. 34
r
; Pust. 1464, f. 81
v
(cons. della vedova Mar-
gherita, per 11,50
g.te); AAT, prot. 29, ff. 28
v
, 53
r
. Cfr.
barbero
,
Un’oligarchia urbana
cit.,
p. 186;
bellone
,
Il primo secolo di vita
cit., p. 119.
207
ASCT,
Ordinati
, 63, ff. 178
v
-179
v
; Dor. 1436, f. 61
v
(nessun immobile e un imponibile
«pro mobile» di 1 lira); Dor. 1457, f. 58
v
(la metà di 5
g.tedi bosco, in parte arroncate, indivise
con un altro Milanese, Giovanni de Solario); cfr. Dor. 1488, f. 164
r
, Giovanni e Ambrogio Mala-
calza (soltanto una casa in Borgo San Donato).
208
Antonino e Giovanni Solaro: ASCT,
Ordinati
, 63, f. 179
v
; Dor. 1436, f. 61
v
(nessun im-
mobile e un imponibile «pro mobile» di 1 lira); AAT, prot. 28, ff. 124
r
-126
r
(9 febbraio 1428);