

fatti di possedere un martinetto per le spezie «cum edificio pro amolan-
do arma». La destinazione del martinetto non stupisce se si pensa che al-
meno Vasino era da tempo interessato al commercio delle spezie. In un
atto notarile stipulato a Genova il 1° marzo 1443 egli, presentato come
«habitator Turini», maggiore di venticinque anni e notoriamente dedito
alla mercatura pur in assenza di un atto formale di emancipazione, com-
pare infatti come acquirente dal genovese Battista Pressenda di una par-
tita di spezie del valore di ben 490 lire. Probabilmente tutta la famiglia
de Strata era allora impegnata in attività imprenditoriali a cominciare dal
padre, che risulta appaltatore dei mulini di Torino dal 1439 al 1454. Il
martinetto per le spezie e l’edificio per la molatura delle armi, dichiarati
all’estimo del 1457, che sappiamo dotati di ben tre ruote complessive,
erano stati costruiti da Antonio quando ancora teneva in appalto i muli-
ni e gli erano poi stati concessi dal duca «in albergamento», cioè in enfi-
teusi, per un canone annuo di 3 fiorini di peso piccolo. Nel 1464 fucina,
martinetto e
moleria
appartenevano ormai al solo Vasino, proprietario di
appena 9 giornate di terreno, che era interessato anche, forse come so-
cio, all’
amolatorium
che Leone de Monte,
armorummagister
e
habitator
di
Torino, era stato nel 1456 autorizzato dal Consiglio oltremontano a co-
struire e per il quale pagava un canone annuo di 4 grossi di Savoia
197
.
In quegli stessi anni, fra il 1457 e il 1464, un altro
amolatorium
era
stato costruito da Aleramo Beccuti sulla bealera dei mulini, non lonta-
no dalla Dora, vicino a una sega appartenente da tempo alla famiglia
presso la quale il nonno, Ludovico Beccuti, già aveva fatto erigere fra il
1428 e il 1436 – negli anni cioè della ripresa del settore tessile a Torino
– una gualchiera che, nel 1464 appunto, ancora risultava in attività. Nel
1470 vi rimaneva una «rexia cum uno baptitorio, incluso uno amolato-
rio», ma otto anni dopo tutte queste macchine erano state sostituite da
un «paratorium cum molendino», che, stando agli estimi degli anni
1485-1503, potrebbe essere stato un mulino da guado. L’
amolatorium
fu però ben presto ricostruito: menzionato nei catasti successivi, nel
1523 esso ancora apparteneva, con l’annesso
paratorium
a un figlio di
Aleramo, Ribaldino Beccuti
198
. Minore fortuna ebbero invece la fucina
L’economia e la società
499
197
bracco (
a cura di),
Acque, ruote e mulini
cit., II, pp. 271, 273. L. de Monte: ASCT,
Or-
dinati
, 71, f. 58
v
. A. de Strata: ASCT, Nuova 1453, f. 12
r
; Nuova 1457, ff. 6
v
-7
r
;
barbero
,
Un’oligarchia urbana
cit., p. 285. V. de Strata: Nuova 1464, f. 3
r
; ASG, Notai, A. Fazio seniore,
filza 582, n. 27,1° marzo 1443. R. Pogetti: Pust. 1442, f. 65
r
; Pust. 1445, f. 71
v
; Pust. 1464, f. 79
r
.
198
A. Beccuti e fratelli: ASCT, Nuova 1453, f. 39
r
(sega e gualchiera); Nuova 1457, f. 28
v
(come nel 1453); Nuova 1464, f. 35
v
(sega, gualchiera e mola); Nuova 1470, f. 44
v
(sega, battitoio
e mola); Nuova 1478, f. 48
v
(gualchiera con mulino). R. Beccuti e fratelli: Nuova 1485, f. 58
v
(mo-
la, gualchiera e mulino da guado); Nuova 1488, f. 112
r
(come nel 1485); Nuova 1503, f. 162
r
(co-
me nel 1485); Nuova 1510, f. 105
v
(mola e gualchiera); Nuova 1523, f. 82
v
(come nel 1510).