

488
Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
vescovo di Torino Ludovico dei marchesi di Romagnano, che sappiamo
padrino (
compare
) del Panigarola e in ottimi rapporti con lui
172
.
Gli oneri assunti dalle parti furono precisati con rigore nella con-
venzione, di durata settennale. I tre imprenditori si impegnavano in-
nanzitutto a «fondare» in città l’«ars pannorum siricorum seu sete» nel-
le forme in cui,
modernis temporibus
, era esercitata nella penisola, a prov-
vedere agli impianti e a insegnare le tecniche dell’arte agli uomini e alle
donne torinesi che desiderassero impararle, ad assicurare infine lavoro
continuativo alle donne esperte nell’arte e residenti in città; in caso con-
trario esse sarebbero state autorizzate a confezionare tessuti, nastrini,
guarnizioni e simili e a destinarli liberamente alla vendita. Nel più bre-
ve tempo possibile, e comunque prima della fine del 1453, avrebbero
dovuto installarvi un mulino da seta a due valichi, ossia a due «ripiani
costituiti dai fusi e dagli aspi, sovrapposti»
173
, e una tintoria idonea al-
le esigenze. A scadenze prefissate, entro i sette anni di durata della con-
venzione stessa, avrebbero poi messo progressivamente in funzione sei
telai e li avrebbero mantenuti in costante attività. Al termine del set-
tennio avrebbero comunque rimesso nelle mani dei Torinesi la loro
ars
,
ormai «fondata, radicata et perfecta», consentendone l’esercizio anche
agli altri cittadini e continuando, all’occorrenza, a praticarla.
Il comune, per parte sua, riconosceva loro, in modo alquanto incon-
sueto, la piena cittadinanza equiparandoli immediatamente ai
cives an-
tiqui
, originari di Torino, concedeva loro varie esenzioni fiscali, esone-
randoli dal pagamento di pedaggi e gabelle comunali sulle merci utiliz-
zate nella lavorazione e soprattutto garantiva l’esclusiva delle lavorazioni
da essi introdotte vietando a chiunque di impiantare a Torino un fila-
toio o una tintoria per la seta. Si impegnava inoltre a corrispondere an-
nualmente per dieci anni ai tre imprenditori 60 fiorini per la pigione de-
gli edifici necessari alla manifattura e di elevare tale somma per il pri-
mo anno a 100 fiorini di peso piccolo come contributo sia alle spese di
trasloco, sia a quelle di un viaggio in Savoia per ottenere dal duca la con-
ferma della convenzione. Il comune avrebbe infine insistito presso il du-
ca per ottenere che, durante il settennio coperto dalla convenzione, nel-
la parte citramontana dei domini sabaudi nessuno potesse esercitare l’ar-
te se non a Torino, eccezion fatta per i
loci
in cui era già avviata, e che,
172
ASM, Sforzesco, cart. 478, n. 56, lettera da Torino di Antonio Panigarola a Francesco Sfor-
za del 4 novembre 1455: «essendo io gionto questo dì qua andai a vixitare lo reverendissimo mon-
signor lo veschovo di Turino, mio compare […]».
173
c. ghiara
,
Filatoi e filatori a Genova fra
xv
e
xviii
secolo
, in «Quaderni storici»,
lii
(1983),
p. 138.