

in seguito, soltanto cittadini torinesi potessero introdurre nuove mani-
fatture seriche nelle località che ne erano ancora prive
174
.
Tutto ciò mostra chiaramente che per i tre soci la prospettiva di pro-
durre in esclusiva per il mercato subalpino costituiva evidentemente una
garanzia di sicuro successo, ma, per valutare meglio le loro ambizioni,
occorre tenere presente una delle clausole finali della convenzione in cui
si stabiliva che tutti i tessuti di seta fabbricati a Torino dovessero esse-
re della stessa altezza di quelli prodotti a Genova e che le pezze, prima
di essere esportate, dovessero essere contrassegnate con il
signum
del co-
mune. Evidentemente la prospettiva di estendere possibilmente la com-
mercializzazione dei prodotti serici torinesi dall’ambito locale al grande
mercato delle seterie genovesi era tutt’altro che esorcizzata. L’ambizio-
ne che essa celava era del resto del tutto consona con gli orizzonti com-
merciali entro cui agivano i due soci ambrosiani e le loro famiglie, fra
l’altro non aliene da rapporti di collaborazione negli affari. Il nonno di
Martino Grassi, Luchino, era stato attivissimo, fra
xiv
e
xv
secolo, nel
«traffico internazionale, soprattutto della lana» e i suoi quattro figli
Francesco, Dionigi, Cristoforo e Ambrogio si erano affermati da tem-
po, «sulle orme del padre, nel grande commercio dei tessili»
175
. I nipoti
continuarono a esercitare la mercatura in stretto collegamento fra loro,
come dimostra la loro attività sulla piazza torinese dove, negli anni Cin-
quanta del Quattrocento, operavano almeno quattro discendenti di Lu-
chino: Martino, appunto, e suo fratello Giorgio, Giovanni fu Cristofo-
ro e Luigi, figlio di Francesco. Antonio Panigarola dirigeva invece con
un congiunto la sede milanese del banco «Arrighino Panigarola e fra-
telli», con filiali a Venezia, Genova, Ginevra, Barcellona e traffici che
si estendevano al Mediterraneo occidentale
176
.
La conferma del duca di Savoia tuttavia probabilmente non ci fu,
forse perché le richieste torinesi dovettero sembrargli troppo impegna-
tive, né sono documentati nuovi interventi ducali a favore della seta fra
Quattro e Cinquecento. Ciò evidenzia vistosamente i limiti che diffe-
renziarono in quegli anni la politica economica del ducato sabaudo, gio-
cata sulla concessione di ristrette privative, da quella assai più ambizio-
L’economia e la società
489
174
comba,
Dal velluto
cit., pp. 24-26, sulla base del documento edito in
roccia
,
Un documen-
to sull’introduzione dell’arte serica
cit., pp. 732-36.
175
Collaborazione fra i Grassi e i Panigarola:
j. heers
,
Les Lombards à Gênes vers 1460: comp-
toir marchand ou groupe social?
, in
La storia dei Genovesi
, III, Genova 1983, p. 41. Luchino Gras-
si e discendenti:
g. barbieri
,
Origini del capitalismo lombardo
, Milano 1961, pp. 320-23.
176
Grassi: cfr. oltre, nota 178. Panigarola:
barbieri
,
Origini del capitalismo lombardo
cit.,
pp. 379-442;
heers
,
Les Lombards
cit., pp. 40-41;
p. mainoni
,
Mercanti lombardi tra Barcellona
e Valenza nel basso Medioevo
, Bologna 1982, pp. 117-19.