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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

presenza di un certo numero di imprenditori lanieri, appariva sempre

più incerta nel proporsi, e quindi nel raggiungere, analoghi obbiettivi.

Nel Trecento la città aveva dimostrato di saper sfruttare le proprie ca-

ratteristiche socio-economiche per sviluppare una manifattura tessile

caratterizzata dalla produzione di un prodotto, come i

panni grossi tau-

rinenses

, chiaramente individuabile sul mercato; ora a metà Quattro-

cento, pur nella sostanziale invarianza di tali strutture, la produzione

tessile torinese non aveva un’identità chiara e, a quanto pare, nemme-

no un mercato extracittadino. Ciò era senza dubbio il frutto di scelte

economiche inadeguate, ma costituiva anche un risvolto, non ancora del

tutto evidente, di un orientamento ormai chiaramente percepibile del-

la città a proporre se stessa, non tanto come centro manifatturiero di

tipo «protoindustriale» sulla scia di Chieri, Racconigi e Pinerolo, ma

come piccola «capitale» degli «stati di qua dai monti» del duca di Sa-

voia: come città, insomma, caratterizzata da un tipo di centralità so-

prattutto culturale e politico-amministrativa, con tutte le conseguenze

sul piano economico che ciò comportava

158

.

La mancanza di un preciso indirizzo produttivo derivava forse dal-

l’eterogeneità delle varie commissioni di

sapientes

a cui erano state de-

legate alcune scelte importanti. A Nicolao Borgesio, Giraudino da Gor-

zano, Antonio di Brozolo, Giovanni Calcagno, Matteo Malcavalerio e

Giovanni Probi fu affidata, il 2 marzo 1425, la responsabilità di elabo-

rare quelle proposte di rilancio del settore che sfociarono dopo pochi

giorni nei nuovi

capitula

a cui si è accennato. Della commissione che fra

il 1427 e il 1428 decise le clausole di accoglimento dei fratelli Corna-

glia e del vigevanese Giorgio Paglieri fecero invece parte Francesco Bor-

gesio, Ruffinetto da Gorzano, Michele Beccuti, Giuliano da Cavaglià,

Giovanni Probi e Giovanni de Cantore

alias

de Moranda. La grande va-

rietà di nomi che emerge da questi elenchi sembrerebbe suggerire che

il comune non disponesse di sicuri punti di riferimento nel mondo del-

la produzione: i riscontri documentari mostrano infatti che, fra tutti i

personaggi citati, alcuni soltanto, come il Cavaglià, il Moranda e, for-

se, il Beccuti, avevano una più o meno lunga esperienza nel campo del-

la fabbricazione e del commercio dei pannilana

159

.

Quale fu, dopo la metà del Quattrocento, l’impegno dei personaggi

158

f. irsigler

,

Stadt und Umland im Spätmittelalter: zur Zentralitätsforderünden Kraft von Fernhan-

del und Exportgewerbe

, in

e. meynen

(a cura di),

Zentralität als Problem der mittelalterlichen Stadt-

geschichtsforschung

, Köln-Wien 1979, pp. 1-14.

159

ASCT, Carte Sciolte, n. 3845 e verbale del 2 marzo 1425; ASCT,

Ordinati

, 64, ff. 92

v

-93

v

(15 novembre 1427), 95

r

-97

r

(12 gennaio 1428), 103

r

(19 gennaio 1428). Giuliano di Cavaglià e

Giovanni de Moranda:

barbero

,

Un’oligarchia urbana

cit., pp. 141, 145-47.