

si è ormai trasferito a Chivasso, dove lo troviamo condannato per aver
venduto indebitamente un cofanetto che era stato impegnato al suo ban-
co
238
. Benché le fonti ci tramandino soltanto due nominativi – quelli di
Simondo e di Peyreto
239
–, a metà degli anni Trenta l’attività commer-
ciale e creditizia ebraica deve aver conosciuto a Torino un periodo di
fervida e proficua ripresa. Lo prova non solo la consueta fraseologia che
riecheggia nelle prediche dei frati Mendicanti e nell’aula del consiglio
cittadino
240
, un misto cioè di minacce antisemite e di invettive antiusu-
rarie, ma anche – e con maggior valore probatorio – la consistenza del-
l’asse patrimoniale di Peyreto Levi. Allorché il banchiere muore nel
1438, i suoi figli versano al duca 200 fiorini di tasse di successione, il
doppio di quanto nello stesso anno pagano gli eredi di Amedeo Foa, il
capofila dei banchieri ebrei di Savigliano
241
.
Nei banchi di Torino non si depositano soltanto pegni, ma si nego-
ziano (e merita sottolinearlo benché sia un fenomeno che si produce an-
che altrove) compravendite di merci di vario genere, siano manufatti o
prodotti delle campagne
242
. Ed è un fatto che si prolunga ancora per tut-
to il corso del decennio successivo, quando a operare risultano essere in
prevalenza Benvenuto Segre, Yoya (ossia Gioia) e Bonafide Levi – ve-
dova quella, figlio forse questo – del defunto banchiere Peyreto
243
.
Vi è motivo di ritenere che nel primo ventennio di insediamento a
Torino gli Ebrei più che l’attività bancaria vera e propria (per la quale
non disponevano di mezzi sufficienti), abbiano gestito il commercio a
credito e il piccolo prestito – accompagnato dalla vendita o, più soven-
te, dall’incanto – dei pegni. Insomma anche qui il loro raggio di pene-
trazione nel tessuto cittadino resta superficiale, e si fa sentire soprat-
tutto fra gli strati di popolazione più disagiati. La presenza ebraica sul
mercato agricolo non è certo caratteristica di Torino, perché la ritro-
viamo negli stessi anni nel Cuneese e a Savigliano, ma mentre là si trat-
ta canapa e sale, nelle campagne attorno alla capitale l’interesse si con-
centra sui cereali e sulle carni bovine. È lecito infatti supporre che l’in-
tervento ebraico sul mercato del bestiame si manifestasse sotto forma
L’economia e la società
517
238
Docc. 200, 201, 223, 233.
239
Docc. 229.
240
«Cum judei opprimant et devorent pauperes cives per ussuras et illicitas extorsiones eo-
rum». Docc. 240, 267.
241
Docc. 282, 286, 319: la quota era fissato in 1 obolo di grosso per fiorino sull’asse eredita-
rio degli usurai defunti.
242
Docc. 258, 270: erano esclusi soltanto gli oggetti di carattere religioso e di provenienza du-
cale.
243
Docc. 393, 414, 415.