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re ad Alba un banco al servizio dei soldati che con la loro paga non ar-

rivano alla metà del mese

256

.

Erano dunque state le esigenze della guerra così duramente combat-

tuta sul suolo piemontese ad evitare la cacciata degli Ebrei da Torino e

dallo Stato negli anni dell’occupazione francese. Col ripristino del go-

verno ducale sarà invece la volontà politica di Emanuele Filiberto, at-

tento osservatore della vita ebraica negli anni di residenza in Fiandra,

a dare organico e regolare assetto giuridico alla loro struttura comuni-

taria a Torino e nel Piemonte.

(

r. s.

)

5.

Società e violenza.

Il periodo compreso fra il 1418 e il 1536 è caratterizzato a Torino da

un drammatico incremento della violenza, alimentata dalla crescita tu-

multuosa della città, dalla ripresa dell’immigrazione piemontese e sa-

voiarda, dalla presenza di una turbolenta comunità studentesca, dai sem-

pre più frequenti soggiorni del principe e del suo seguito. Piuttosto rare

fin verso la metà del Quattrocento, le notizie di disordini e delitti all’in-

terno delle mura si fanno sempre più frequenti dopo quella data; e il con-

siglio comunale denuncia con toni via via più allarmati il diffondersi del-

la criminalità. Nel 1446, quando si provvede «contra eos qui de nocte

vadunt et insultus faciunt, ut materiam habeant desistendi», coll’istitu-

zione di una guardia straordinaria composta di cinquanta cittadini, po-

tremmo ancora pensare ad atti occasionali di delinquenza comune; ma

nel 1460 i consiglieri sono nuovamente chiamati a provvedere «super

excessibus que quotidie fiunt in civitate Thaurini», e allora la situazio-

ne appare difficilmente riconducibile entro i limiti della normalità. Il

consiglio, infatti, non solo decide di istituire nuovamente un servizio di

guardia, portandone la consistenza a ottanta cittadini, incaricati di im-

pedire qualsiasi aggressione «contra aliquem civem vel habitatorem

Thaurini», ma, ciò che appare ancor più allarmante, autorizza tutti i cit-

tadini a portare spade e coltelli di ogni lunghezza, «ad dandum timorem

malefacientibus», sospendendo il relativo capitolo degli statuti

257

.

È evidente da un provvedimento come questo che le risse fra pa-

renti, le violenze private, le faide familiari di cui si componeva la cro-

L’economia e la società

523

256

Doc. 879: Gabriele è forse figlio del de Turre (cfr. sopra, nota 253), che in tal caso risul-

terebbe essere quasi subito rientrato a Torino.

257

ASCT,

Ordinati

, 71, f. 7

r

; 77, f. 181

r

.