

guenti travolto da una serie di difficoltà familiari e finanziarie anche in
Piemonte. Dietro tutte le cautele introdotte nel contratto per riparar-
lo dall’ostilità dei suoi correligionari, si intravvede un cospicuo poten-
ziamento del locale nucleo ebraico. Già infatti il 17 giugno
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, prima cioè
che venisse stipulato quell’accordo, il duca, reiterando al consiglio il so-
lito invito a reperire un «cancellum» per separare gli Ebrei, aveva spe-
cificato che essi avrebbero dovuto potervi tenere «suas becarias et sy-
nagogas». La forma plurale di questi due sostantivi non sembra uscita
per caso dalla penna di un cancelliere, e la presenza di due o più luoghi
di culto fa pensare o a un incremento della comunità o – e non neces-
sariamente in alternativa – alla coesistenza di più riti (forse tedesco,
francese e italiano). D’altronde, Torino sta consolidando il suo carat-
tere di capitale del ducato di qua dai monti, e gli Ebrei di tutto lo Sta-
to vi fanno sempre più capo dato che, esenti come sono dalla giurisdi-
zione municipale e locale, debbono di necessità comparire sovente din-
nanzi alle magistrature centrali. Oltre all’organismo di vertice, il Consiglio
residente, essi frequentano anche le sale della tesoreria ducale, ove i lo-
ro deputati corrispondono a scadenze regolari la censiva (ossia la tassa
annua collettiva) e molti di loro sono chiamati a conciliare con il paga-
mento di una multa i reati e le infrazioni in cui sono incorsi. Esazioni
pecuniarie che sovente risolvevano situazioni difficili dell’erario: nel
1453 per «demeriti» non meglio specificati, Vivando Foa e suo figlio
Pellegrino (che nove anni prima erano sfuggiti a stento all’assalto del
loro banco di Ivrea) si vedono confiscati tutti i beni
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, il cui provento
viene devoluto al finanziamento delle fortificazioni della città e all’am-
pliamento del suo «viridarium», il bosco che si estende per qualche trat-
to dei bastioni.
Negli anni Sessanta del Quattrocento solo il tenue filo conduttore
delle multe incassate dalla tesoreria ci fornisce qualche intermittente no-
tizia sugli Ebrei di Torino, e anche questa debole traccia si perde del
tutto dopo il 1470. Durante circa settant’anni nessuna testimonianza di
una presenza ebraica in città sembra emergere dalle fonti in nostro pos-
sesso, ed è un silenzio calato su quasi tutte le comunità dello Stato. Per
quasi un quindicennio (dal 1494 al 1508) sappiamo sì che a Torino ca-
pita spesso Samuele da Nantua, che vive a Caselle e commercia grosse
partite di grano, ma c’è da sospettare che non incontri mai alcun corre-
ligionario residente in città. Per Torino, come per tutto il Piemonte, non
L’economia e la società
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Doc. 451.
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Doc. 567 (1° febbraio 1453). Vivando, membro autorevole della stessa famiglia cui appar-
teneva Amedeo, per sfuggire alle violenze subite a Ivrea, aveva trovato rifugio a Ciriè, aprendovi
un altro banco; pp.
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