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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

naca nera della Torino trecentesca avevano lasciato il posto a una vio-

lenza proveniente soprattutto dall’esterno, di fronte alla quale i

cives

non esitavano a mobilitarsi collettivamente per difendere la propria si-

curezza. Le autorità cittadine non erano del resto le sole a preoccupar-

si per l’aumento della criminalità: appena pochi anni prima, nel 1457,

il duca Ludovico aveva invitato il giudice di Torino a prendere drasti-

che misure contro il moltiplicarsi delle aggressioni e degli omicidi in

città. Né si poteva fare troppo affidamento sulle forze di polizia a di-

sposizione del vicario, che non contavano più di tre o quattro uomini e

il cui intervento rischiava di alimentare, anziché sedare, la confusione

e la violenza: nel 1460 s’incontra una lagnanza «contra famulos curie

qui repente presumunt vulnerare et percutere gentes in Thaurino eo-

rum auctoritate propria contra formam iuris», e nel 1526 un processo

per violenza carnale è istruito addirittura a carico del «cavalerius», il

capo cioè degli sbirri

258

.

I maggiori responsabili di quegli eccessi erano comunque senza dub-

bio gli studenti, tradizionale elemento di disturbo nella vita quotidiana

delle città universitarie. Fin dal 1412, quando lo Studio operava anco-

ra in modo discontinuo, tanta era la difficoltà di pagare e alloggiare i

professori, si erano fatte sentire le prime proteste contro i «robalitia fac-

ta per studentes»; con il definitivo ritorno dello Studio nel 1436 e l’av-

vio di regolari corsi annuali, la violenza studentesca divenne una pre-

senza costante nella vita torinese. La città, beninteso, si era premurata

di ottenere un privilegio per cui dottori e scolari non avrebbero potuto

appellarsi come gli altri chierici al tribunale diocesano, restando soggetti

alla giustizia ordinaria; ma già nel 1445 era necessario far ricorso al prin-

cipe per ottenere l’applicazione di quel privilegio, regolarmente disat-

teso. L’anno seguente, a dicembre, una delibera del consiglio comunale

stabilisce che i cittadini daranno man forte agli uomini del vicario «in

rissis studencium» e proibisce di prestare armi agli studenti desiderosi

di battersi; nella stessa occasione il servizio di guardia notturna appena

istituito viene portato da cinquanta a cento cittadini. Nel 1464, una

nuova delibera vuol scoraggiare le malefatte commesse dagli studenti;

contro le loro bande, che minacciano la sicurezza dei cittadini «ince-

dendo die noctuque cum armis in magna societate gencium […] cum ma-

gno periculo gravissimi scandali», il consiglio istituisce ancora una vol-

ta una guardia armata, composta ora da ben duecento cittadini, con una

258

ASCT,

Ordinati

, 77, f. 156

v

, e

i. soffietti

,

Verbali del «Consilium cum domino residens»

del ducato di Savoia (1512-1532)

, Milano 1969, p. 130; per qualche esempio della consistenza nu-

merica della «familia»,

Ordinati

, 64, f. 57

r

; 83, f. 39

v

; l’intervento del duca in PD 94, f. 249.