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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
ficabili come «populares et minores». Resta il fatto che il ricambio all’in-
terno della credenza avveniva ora con un ritmo decisamente più accele-
rato: se nel 1418 tre quarti dei consiglieri appartenevano a famiglie i cui
membri sedevano già in consiglio cinquant’anni prima, nel 1464 questa
percentuale era scesa a poco meno della metà, e ai primi del Cinquecento
a meno di un terzo.
Non è chiaro tuttavia se questo allargamento della partecipazione
si sia tradotto in un reale ridimensionamento dell’oligarchia cittadina,
che fin dal primo momento sembra aver saputo prendere tutte le mi-
sure necessarie per ridurre al minimo i danni, garantendo una sostan-
ziale continuità fra il vecchio e il nuovo consiglio. Su 22 rappresentanti
dei «notabiliores» in carica nel 1434, ben 19 sedevano in consiglio già
prima della riforma, contro 14 su 20 «mediocres» e appena 2 su 20 «po-
pulares et minores»: è chiaro che quasi tutti quei notabili i quali ma-
novravano a loro piacere il consiglio prima della riforma continuarono
a sedervi anche dopo. Il prevalere di una linea orientata alla continuità
è altresì evidente nella prontezza con cui la credenza approfittò dei pri-
mi posti resisi vacanti per reintegrare nelle proprie file quei pochi no-
tabili che si erano dovuti sacrificare in occasione della riforma: così ad
esempio Ludovico Beccuti, figlio ed erede del più ricco cittadino di To-
rino, il dottore in legge Ribaldino Beccuti signore di Lucento, perse nel
1433 il posto in consiglio, che teneva dal 1427, ma dopo la morte del
padre, avvenuta nel 1438, venne ben presto chiamato a subentrargli.
Entro quell’anno, d’altra parte, almeno cinque dei «populares et mi-
nores» entrati in consiglio in occasione della riforma erano stati cassa-
ti dall’elenco dei credendari con l’annotazione «remotus ex eius re-
quisicione», segno che per almeno alcuni dei nuovi consiglieri l’ufficio
era più un onere difficilmente sopportabile che non un’ambita promo-
zione.
Sarebbe insomma affrettato concludere che le trasformazioni nella
composizione della credenza abbiano comportato un’effettiva demo-
cratizzazione della vita politica, e che alla metà del Quattrocento, o ai
primi del Cinquecento, i comuni cittadini avessero un maggior control-
lo sulla cosa pubblica di quanto non accadesse in precedenza. I malu-
mori dei Torinesi nei confronti dei loro governanti, e le misure repres-
sive adottate da questi ultimi per mettere a tacere le critiche, continua-
vano del resto a evocare più il rapporto di soggezione fra sudditi e signore
che non quello consueto fra un corpo di liberi cittadini e i loro rappre-
sentanti. Così il 21 giugno 1463 la credenza, intervenendo «contra su-
surrones et loquaces qui ausu eorum temerario presumunt diffamare cre-
dendarios et vilipendere ordinaciones que fiunt in consilio», adottava