

provvedimenti draconiani a punizione degli «iniqui et maligni diffama-
tores» e li faceva bandire sulla pubblica piazza con gran concorso di po-
polo: un esempio eloquente della distanza che continuava a separare i
consiglieri dalla collettività, nonostante la composizione apparentemente
più democratica del consiglio di credenza.
All’incirca negli stessi anni si osserva la comparsa di procedure pa-
lesemente intese a ridurre i poteri del consiglio, o comunque a rendere
meno efficace il suo controllo sull’operato di quel pugno di cittadini che
per censo e tradizione familiare si ritenevano investiti del diritto di go-
vernare la città a proprio piacimento. Non è certo un caso che proprio
all’indomani della riforma si sia manifestata la tendenza a far parteci-
pare ai lavori del consiglio anche persone che formalmente non ne fa-
cevano parte, ma di cui si giustificava la presenza con l’autorità loro co-
munemente riconosciuta dai concittadini. Un esempio vistoso è quello
del 10 marzo 1459, quando la decisione di offrire al duca 5000 fiorini
per ottenere la restituzione del Consiglio cismontano, da poco traspor-
tato a Moncalieri, fu presa «in pleno et generali consilio civitatis Tau-
rini […] in quo interfuerunt spectabiles domini doctores et plura alia ca-
pita domorum extra credenciam». Per mettere in esecuzione la delibe-
ra, il consiglio così allargato decretò di eleggere «aliquos homines tam
de credencia quam extra credenciam, ydoneos et facultabiles, potentes
ac in numero sufficienti, qui habeant potestatem obligandi ipsam co-
munitatem singularesque personas»: le qualità richieste agli eletti di-
mostrano che l’allargamento della commissione a personaggi «extra cre-
denciam» non rispondeva certo all’esigenza di ampliare ulteriormente
la partecipazione verso il basso, ma serviva semmai a rendere più ela-
stiche le procedure attraverso le quali le famiglie più influenti conti-
nuavano a manovrare la politica cittadina
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.
A un vero e proprio esautoramento della credenza si sarebbe giunti
tuttavia solo molto più tardi, e attraverso una strada almeno apparen-
temente più conforme agli statuti. La difficoltà di riunire con frequen-
za spesso più che settimanale un numero sufficiente di consiglieri ave-
va continuato a farsi sentire: ma fu solo il 27 giugno 1490, all’indoma-
ni di disordini che avevano provocato parecchi morti e generato una
gravissima tensione fra la comunità, gli ufficiali del comune e i funzio-
nari ducali, che in seno al consiglio fu deciso di eleggere alcuni creden-
dari fra i più autorevoli, cui il consiglio stesso avrebbe delegato a tem-
po indeterminato i propri poteri, considerando, si aggiungeva diploma-
La vita e le strutture politiche nel quadro della bipolarità signore-comune
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a. tallone
,
Parlamento sabaudo
, IV, Bologna 1928-46, pp. 38-42.