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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
tentativi di allargamento della partecipazione politica avevano mag-
giormente lasciato il segno, e se i clavari, due dei quali per statuto do-
vevano essere popolari, ne rispecchiavano abbastanza fedelmente la com-
posizione, nessun vincolo era invece posto alla scelta dei sindaci; il cui
reclutamento fu fin dal primo momento più selettivo di quello dei cla-
vari, orientandosi di preferenza verso gli esponenti delle maggiori fa-
miglie cittadine, e ancor più lo divenne nel corso del tempo. Nei cin-
quant’anni conclusivi del nostro periodo, dal 1481 al 1536, i cittadini
che si alternarono nell’ufficio di clavario furono tratti complessivamen-
te da oltre settanta famiglie, buona parte cioè di quelle rappresentate
nella credenza nel corso di quegli anni; ma nello stesso periodo i sinda-
ci vennero scelti in una cerchia di appena una ventina di famiglie, di
condizione mediamente assai più elevata. E poiché proprio i sindaci o
almeno uno di loro, e non invece i clavari, erano di solito compresi nel-
le riunioni del consiglio ristretto in cui si concentrava ormai la più gran
parte del potere decisionale, appare chiaro che entro la fine del Quat-
trocento questo ufficio aveva soppiantato quello dei clavari come chia-
ve di volta del gioco politico cittadino.
A quella data del resto la procedura per la nomina dei sindaci era di-
venuta tale da facilitare una sempre più scoperta involuzione oligarchi-
ca: se in origine essi erano stati eletti dai clavari o dall’intera credenza,
alla fine del secolo era ormai invalso l’uso di affidare l’elezione a una
commissione di ventiquattro credendari, rappresentativi in teoria dei
diversi gruppi sociali presenti nella credenza, ma col tempo scelti sem-
pre più spesso quasi esclusivamente fra i notabili. A loro volta, i cre-
dendari ritenuti abbastanza qualificati per poter ricoprire l’ufficio di
sindaco e presi in considerazione nel ballottaggio da parte dei venti-
quattro erano in numero ristrettissimo, sicché i candidati bocciati in
un’occasione avevano la quasi certezza di essere prima o poi eletti in fu-
turo: scorrendo i verbali delle elezioni negli
Ordinati
del primo Cinque-
cento si incontrano continuamente gli stessi nomi, ciò che rende assai
chiaramente l’idea di quella ristretta conventicola oligarchica contro cui
si era diretta la denunzia di Pietro da Bairo.
Se possibile ancora più selettiva appare la nomina degli ambasciato-
ri incaricati di gestire i rapporti della comunità con l’esterno. Benché il
loro ufficio non fosse dotato di specifiche attribuzioni a norma degli sta-
tuti, gli ambasciatori occupavano nella vita politica del comune un po-
sto di primo piano: raramente passava un anno senza che la credenza
fosse chiamata a decidere l’invio di una missione al duca o alle assem-
blee dei Tre Stati, e in anni difficili gli incarichi potevano succedersi
con ritmo serrato a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro. Anche se si