Table of Contents Table of Contents
Previous Page  561 / 852 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 561 / 852 Next Page
Page Background

554

Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

riodicamente inviati a rappresentare la città nelle assemblee dei Tre Sta-

ti e alla corte del principe

6

.

Gli statuti trecenteschi stabilivano che con scadenza trimestrale il

vicario dovesse nominare «quatuor ex credendariis Taurini, silicet duos

ex nobilibus et duos de populo, qui vocentur clavarii comunis», e attri-

buivano a questa carica competenze così ampie da farne la chiave di vol-

ta del gioco politico cittadino: soltanto i clavari erano legittimati istitu-

zionalmente a segnalare al vicario o al giudice la necessità di riunire la

credenza; a loro, di solito, la credenza affidava la nomina delle com-

missioni istituite quasi quotidianamente per il disbrigo degli affari cor-

renti, la scelta dei nuovi consiglieri da cooptare in consiglio per riempi-

re i seggi vacanti, e quella dei sindaci deputati a difendere in giudizio

gli «iura comunis Taurini». Dotati di un larghissimo potere di control-

lo sulla gestione della finanza pubblica, i clavari svolgevano un’indi-

spensabile funzione di mediazione fra la credenza e l’amministrazione

ducale, ed è quindi naturale che il vicario scegliesse per questo ufficio

personaggi il più possibile rappresentativi degli equilibri vigenti all’in-

terno dell’oligarchia cittadina. Anche se a partire dalla fine del Quat-

trocento si cessò di distinguere formalmente fra clavari «pro hospicio»

e «pro populo», l’impressione è che fino alla fine del periodo da noi con-

siderato la composizione di questa magistratura abbia continuato a

rispecchiare fedelmente le due anime della credenza: quella nobiliare,

espressione delle vecchie famiglie e di quelle che divenivano tali nel cor-

so del tempo, nonché del grande possesso fondiario, e quella popolare,

nella sua duplice accezione, ora ristretta a un’oligarchia professionale,

ora maggiormente aperta a una partecipazione dei ceti medio-bassi.

Diversi si presentano i dati per quanto riguarda la selezione dei sin-

daci. Era questa, in un primo momento, una carica priva di precise at-

tribuzioni e attivata a scadenze irregolari:

sindicus

era sinonimo di pro-

curatore e i «sindici comunis» erano eletti dalla credenza o dai clavari,

in numero di due o tre o talvolta anche più, ogni volta che si rendeva

necessario rappresentare in giudizio la comunità. Nel 1432, tuttavia, la

credenza adottò un’importante riforma, che rese assai più precise le com-

petenze dei sindaci e più regolare la durata del loro mandato. In quell’oc-

casione venne stabilito di nominare ogni anno due sindaci, i quali oltre

all’incarico consueto di rappresentare gli interessi della comunità «in iu-

dicio et extra» avrebbero avuto il compito di sottoporre a sindacato tut-

6

Cfr. il repertorio raccolto da

s. a. benedetto

,

m. t. bonardi

e

r. roccia

,

L’amministrazio-

ne civica: funzionari sabaudi e ufficiali comunali

, in

Il Palazzo di Città a Torino

, II, Torino 1987,

pp. 269-341.