

ti i funzionari all’uscita dalla loro carica, di fungere da arbitri in tutte
le discordie fra i cittadini, di compiere le ambasciate per conto del co-
mune «si et quando clavariis videbitur», infine di tenere aggiornato il
registro dei possessi del comune e di controllare che i massari presen-
tassero regolarmente il loro rendiconto ogni tre mesi. Un’ulteriore clau-
sola, secondo cui i clavari, in deroga alla norma fino allora seguita, sa-
rebbero stati tenuti a eleggere come
extimatores
i sindaci stessi, venne
cancellata dopo essere stata trascritta nel libro degli
Ordinati
, evidente-
mente per timore che nel nuovo ufficio finisse per concentrarsi un po-
tere eccessivo; con analoga cautela si proibì ai sindaci di alienare beni
del comune per più di 10 fiorini all’anno senza il consenso della credenza
e si stabilì che i sindaci uscenti non potessero essere rieletti allo stesso
ufficio prima di cinque anni. Il consiglio volle inoltre precisare che nel
caso in cui un sindaco fosse morto in carica se ne sarebbe immediata-
mente eletto un altro, «et quod intelligatur de progenie ipsius, si repe-
riatur ydoneus et sufficiens»: una disposizione che dimostra senza bi-
sogno di commenti come gli equilibri politici che presiedevano alla spar-
tizione degli uffici fossero determinati dalle famiglie prima che dagli
individui
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.
Col passare degli anni non tutte le disposizioni adottate nel 1432
continuarono a essere rispettate. La durata dell’ufficio poté variare e si
ebbero in qualche caso elezioni semestrali anziché annuali; in aggiunta
ai sindaci ordinari, si continuò a eleggere sotto lo stesso nome dei pro-
curatori per rappresentare la comunità nelle più diverse occasioni. Ma
furono soprattutto le limitazioni poste all’autorità dei sindaci a dar pro-
va di scarsa efficacia: la norma che proibiva la rieleggibilità prima di
cinque anni cadde quasi immediatamente in disuso, com’era da preve-
dersi; quanto al limite annuo di 10 fiorini nelle alienazioni, già sappia-
mo quale conto se ne facesse. Se già entro i limiti imposti in origine l’uf-
ficio dei sindaci concentrava in sé tali poteri da eguagliare e forse su-
perare in importanza quello dei clavari
–
e non a caso in quell’occasione
la credenza aveva decretato che i sindaci «in omnibus honoranciis pre-
cedere debeant omnes cives et habitatores Taurini, exceptis militibus
et doctoribus»
–
l’evoluzione successiva portò definitivamente i sinda-
ci al centro dell’apparato istituzionale del comune, respingendo in se-
condo piano i clavari.
Questo risultato assume un significato particolare alla luce dell’estra-
zione sociale dei sindaci. Se infatti la credenza era l’istituzione su cui i
La vita e le strutture politiche nel quadro della bipolarità signore-comune
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ASCT,
Ordinati
, 66, f. 116
r
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