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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

3.

L’apparato signorile e la sua collocazione nella città.

I l ca s t e l l o .

Il castello di Porta Fibellona era al tempo stesso la sede e il simbolo

dell’apparato amministrativo e giudiziario insediato dal duca in città. In

esso risiedeva ufficialmente il vicario, nelle sue sale si riunivano il Con-

siglio cismontano e all’occasione il Consiglio «cum domino residens»,

nei suoi appartamenti alloggiavano il duca e la duchessa quando acca-

deva loro di soggiornare a Torino. Questo ruolo di rappresentanza non

aveva ancora cancellato, peraltro, l’originaria funzione militare del ca-

stello, anche se il suo valore difensivo andò probabilmente declinando

di pari passo con le trasformazioni dell’arte militare. L’edificio venne

frequentemente rafforzato, o almeno sottoposto a lavori di manuten-

zione, nel corso del periodo da noi trattato: nel 1419, all’indomani del-

l’annessione di Torino al ducato, vennero riparati i tetti e le torri, e nel

1430 si intervenne sulla merlatura delle mura; nel 1449 sono registrate

spese per i fossati; nel 1467 vennero intrapresi nuovi lavori, ed altri, più

impegnativi, occorsero negli anni 1475-77. Ulteriori riparazioni furono

necessarie nel 1480, nel 1491 e nel 1508; nel 1516 il duca chiamò a To-

rino ingegneri milanesi per una revisione complessiva delle fortificazio-

ni, e ancora nel 1534 affrontò spese non irrilevanti, almeno conside-

rando lo stato disastroso delle sue finanze, per l’edificazione di un nuo-

vo bastione

8

.

In molte di queste occasioni si provvide anche a rinnovare le scorte

di munizioni per le armi da fuoco, poiché il castello di Torino ospitava

una delle principali armerie a disposizione del duca. Dall’inventario sti-

lato nel 1431 alla morte del principe di Piemonte risulta che vi era con-

servata una discreta artiglieria: ben centocinquanta colubrine, oltre a

«ung petit canon de fer environ d’un pie de long», cui si aggiungevano

«deux bombardelles de fer» collocate «en la place du dit chastel», per

incoraggiare i cittadini all’obbedienza. Proprio la crescente potenza del-

le armi da fuoco doveva rendere tuttavia sempre più inadeguate le ca-

pacità difensive dell’edificio: ai primi del Cinquecento, un viaggiatore

lombardo di passaggio per Torino lo giudicava «uno casteluttio non tro-

8

PD 104, f. 20; PD 171, ff. 97, 105, 111; PD 172, f. 308; TG 65, f. 354; TG 113, f. 151;

TG 122, f. 302; TG 123, f. 412; TG 126, f. 338; TG 129, f. 224; TG 171, f. 542; cfr. anche

l.

vaccarone

,

Memorie desunte dai conti della Tesoreria Generale

, ms in AST, Camerale,

sub voce

«To-

rino», e

u. gherner

,

La frequentazione del «Castrum Porte Phibellone» (fine

xiii

-

xv

secolo

), in

To-

rino nel basso medioevo: castello, uomini, oggetti

, Torino 1982, p. 40.