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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

ogni tentativo di resistenza, salvo giustificarsi con lo Sforza allegando

«la inopinata inobedientia de questo populo» e soprattutto «la deditio-

ne de questa rocha como è passata»; e nei tre mesi successivi nessuno,

in apparenza, osò più contestare l’autorità del Senza Terra. Ma non ap-

pena questi fu costretto, nel novembre, a lasciare Torino, il Consiglio

cismontano riprese immediatamente il controllo del castello, assicuran-

dosi contemporaneamente anche quello di Chivasso, e il giorno stesso

scriveva trionfante allo Sforza: «habuimus quippe castrum Clavaxii,

Thaurini, et castellani in manibus nostris iuraverunt». Confermava il

giorno seguente l’ambasciatore milanese Appiani: «Vera è la partita de

monsignore de Bressa cum tucti li soy questa nocte et lo castellano de

Civasso ha giurato in mano del Consiglio […] et Borbono de Strata ca-

stellano de questo castello ha zurato in mano de li Tri Stati per lo duca

et madama»

14

.

Il castello svolgeva insomma una molteplicità di funzioni differen-

ziate, alcune ereditate dal passato, altre già proiettate verso il futuro:

era la chiave del sistema di fortificazioni su cui il duca confidava per di-

fendere la città in caso di guerra, ma in pari tempo incarnava quella ca-

pacità repressiva grazie alla quale i funzionari ducali si garantivano la

fedeltà dei cittadini; occasionale residenza del principe e della corte, ma

al tempo stesso prigione in cui a traditori e prigionieri di stato si ac-

compagnavano evasori fiscali e criminali comuni, esso conservava per-

fino qualche traccia di quelle funzioni di conduzione agricola che in se-

coli precedenti erano state proprie di ogni castello sabaudo, poiché da

esso dipendevano prati e orti che il castellano provvedeva regolarmen-

te ad accensare. Infine, e non è questo il dato meno rilevante, il castel-

lo fungeva da sede permanente dell’apparato amministrativo insediato

a Torino e che non governava soltanto la città, ma l’intero Piemonte sa-

baudo. Ed è proprio a questa funzione di sede centrale dell’ammini-

strazione di qua dai monti che il duca pensava quando, nel 1533, in-

quieto per il cattivo stato di conservazione dei suoi archivi, stabilì la

creazione di un duplice archivio segreto dei titoli fiscali, «in castris no-

stris Chamberiaci et Taurini»

15

. Entro le mura del castello coesistevano

insomma quelle mansioni che generazioni successive avrebbero sempre

meglio distinto, assegnando alla cittadella il controllo militare della città,

contro eventuali nemici esterni ma anche contro i suoi stessi cittadini,

14

tallone

,

Parlamento sabaudo

cit., V, pp. 165, 171, 179, 188 sg. Sulla vicenda cfr.

l. mari-

ni

,

Savoiardi e piemontesi nello stato sabaudo (1418-1601)

, Roma 1962, pp. 222-32.

15

p. g. patriarca

,

La riforma legislativa di Carlo II di Savoia. Un tentativo di consolidazione agli

albori dello stato moderno

, Torino 1988 (BSS, 203), p. 33.