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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

acquisizione del sapere diversi dalla scuola municipale e, ovviamente,

dall’università. Fossero questi alternativi alla scuola di base oppure a ca-

rattere parauniversitario, si configuravano come canali di apprendimento

non istituzionalizzati che sfuggivano al controllo politico-amministrati-

vo del governo cittadino. Anche per questa ragione non hanno lasciato

se non deboli tracce nelle fonti coeve finora prese in esame; la docu-

mentazione più utile al riguardo sarebbe certamente quella di tipo pri-

vato che, per Torino, è però relativamente tarda e tutta da esplorare.

Senza alcun dubbio vi continuavano ad operare strutture ecclesia-

stiche in cui si svolgeva attività didattica e che potevano competere con

la scuola pubblica, se talune convenzioni con maestri – mentre ricono-

scono il diritto al monopolio dell’insegnamento – alludono esplicita-

mente al divieto di tenere scuola anche per i religiosi

66

.

Non mancarono tentativi di promuovere una vera e propria scuola

di mestiere per le fanciulle, verso la metà del

xv

secolo, quando l’am-

ministrazione cittadina si mostrò interessata alla creazione di un centro

di trasmissione di conoscenze tecnico-pratiche orientato verso le neces-

sità della vita quotidiana, forse anche con lo scopo di agevolare l’inseri-

mento delle ragazze nel mondo del lavoro. Infatti, secondo una isolata

testimonianza documentaria che apre uno spiraglio sulla presenza fem-

minile nel campo della formazione professionale (ma di cui non si co-

noscono gli sviluppi ulteriori), nel 1447 il doratore milanese Andrea de

Binago, mentre chiedeva di essere accolto come abitante, rafforzava la

propria domanda dichiarando che sua moglie avrebbe tenuto dei corsi

per l’insegnamento dell’arte tessile e di altri lavori

67

.

Sul finire del

xv

secolo doveva essere poi abbastanza quotata una

scuola di notariato, gestita privatamente, sulla cui organizzazione non

siamo però in alcun modo informati. La sua fama travalicava certamen-

te i confini del territorio cittadino se all’epoca i figli di alcune ricche fa-

miglie di Caraglio (nel Cuneese), titolari di grandi aziende agrarie, si era-

no trasferiti a Torino per seguire gli studi da notaio

68

.

66

Ibid.

, p. 345.

67

ASCT,

Ordinati

, 70, f. 62

r

(verbale del 31 gennaio 1447). Sulle scuole professionali nel Pie-

monte tardomedievale cfr.

a. m. nada patrone

,

Modelli pedagogici e formazione culturale profes-

sionale nelle scuole pedemontane negli ultimi secoli del medioevo

, in

Instruire le peuple. Education po-

pulaire et formation professionnelle dans la France du Sud-Est e l’Italie du Nord,

xiii

e

-

xx

e

siècles

(Ac-

tes du colloque internationale du Centre de Recherche d’Histoire de l’Italie e des Pays Alpins,

Saint-Martin-d’Hères 6-7 octobre 1989), Grenoble 1992, specialmente pp. 20 sgg. Per le idee me-

dievali sull’infanzia e sui progetti educativi, con particolare riguardo alla componente femminile,

si veda

a. giallongo

,

Il bambino medievale. Educazione ed infanzia nel medioevo

, Bari 1990.

68

Archivio comunale di Caraglio,

Causa tra la comunità di Caraglio e i Solaro (1519-1525)

, stu-

dio di C. Falco (pseudonimo Daniel Karl), ms inedito: le famiglie citate sono Delfino, Tomatis e

Benessia.