

quella che ora si crede essere l’ultima pubblicazione piemontese della so-
cietà, il
Rosarium
del Serafini
111
, perché sembra accertato che le altre
due edizioni di data posteriore, i
Consilia
di Pietro d’Ancarano del 24
ottobre 1496 e gli
Epigrammata
di Prospero del 7 aprile 1497, entram-
be firmate dal solo Jacopino, non siano state prodotte da nessuno dei
due soci. La prima avrebbe infatti visto la luce presso il Girardengo, che
con il proprio nome sottoscrisse da Pavia solo una parte degli esempla-
ri prodotti, attribuendo i rimanenti al Suigo; la seconda invece dovreb-
be essere stata stampata in Torino, ma da un ignoto operatore che di-
sponeva del materiale per la stampa, del quale i proprietari non erano in
grado di garantire l’uso, essendo impegnati a Lione a preparare la pub-
blicazione in 278 carte in-4 della
Rhetorica nova
di Cicerone, terminata
il 13 maggio 1497
112
. Delle poco più di venti edizioni torinesi a firma di
Iacopino e del de Benedictis o a loro attribuite con certezza, cinque so-
no connesse con l’attività dei tipografi pavesi Beretta-Girardengo, due
sono richieste assai specifiche, che solo eccezionalmente potevano esse-
re soddisfatte da un’officina subalpina: tutte le altre – circa due terzi –
sono legate alla cultura locale o perché opere di scrittori della regione,
o perché destinate ad appagare le più pressanti esigenze pratiche dei let-
tori torinesi dell’epoca.
Qualità caratteristiche dei volumi prodotti dal Suigo e dal suo socio
sono il lento ma progressivo affrancamento dal modello del libro mano-
scritto di origine medievale, quale era ancora quello uscito dai torchi del
Fabri: presenza generalizzata della pagina del titolo, uso di almeno due
caratteri di diversa grandezza e, a partire dal 1494, l’introduzione di ca-
pilettera per lo più su fondo nero arabescato. Delle altre particolarità
ornamentali, cornici e marche tipografiche, le prime inquadrano le pa-
gine iniziali del
Compendion
del Pellos e di entrambe le ristampe degli
Epigrammata
del Prospero, mentre le seconde, di varie dimensioni, so-
no riprodotte, spesso in inchiostro rosso alla fine di quasi tutte le ope-
re. Tuttavia il pregio maggiore che l’imprenditore sangermanese ha sa-
puto dare alla produzione della sua officina è costituito, anche in que-
sto caso, dal numero rilevante di prime edizioni, tutte di autori medievali
o contemporanei.
Non era ancora stata chiusa la bottega torinese del Suigo che già
Francesco Silva inaugurava una nuova tipografia pubblicando, con ca-
ratteri finalmente suoi, tre edizioni totalmente in italiano che avreb-
La vita e le istituzioni culturali
623
111
British Museum. Catalogue of Books
cit., XII, 75;
d. e. rhodes
,
Domenico Serafini e un igno-
to incunabolo torinese
, in «Studi Piemontesi»,
vii
(1978), pp. 77-82.
112
Gesamtkatalog
cit., 6731;
Indice Generale degli Incunaboli
cit., 2973.