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cento)

128

, la storia della cultura giuridica e politica presenta per contro

un quadro di importanti novità, pur nella dimensione ristretta di una

realtà subalpina, ancora lontana dai grandi flussi culturali operanti nel-

le maggiori aree universitarie e cittadine di qua e di là delle Alpi.

La novità di maggior peso e significato è certamente l’erezione in To-

rino di uno

Studium

, nell’anno 1404, ad opera di Ludovico di Savoia-

Acaia

129

. Le ragioni di natura contingente, tradizionalmente addotte e

pur di qualche peso, non sembrano soddisfare del tutto all’intelligenza

della creazione di una università torinese. Non basta ad intenderne il si-

gnificato ricordare la momentanea chiusura, nel 1402, dello Studio pa-

vese e la conseguente migrazione dallo

Studium

visconteo, già illustrato

da un Baldo, di professori giuristi e medici (Lorenzo Aicardi, Bartolo-

meo Bertoni e Giorgio Gilli; Bertramino Ognibene e Antonio da Fa-

briano), accolti nella cittadinanza torinese già ai primi di giugno del

1403. Né basta rammentare l’interesse della municipalità torinese, te-

stimoniata dagli

Ordinati

comunali del 28 settembre 1404, per la pre-

senza di «una facoltà che preparasse buoni giurisperiti»

130

. E soprattut-

to appare insufficiente e alquanto semplificatrice l’idea, che lo Studio

torinese abbia incarnato, già con Amedeo VIII, dopo la morte di Ludo-

vico di Savoia-Acaia e il passaggio della città sotto il diretto dominio dei

novelli duchi, l’«organismo di forza», lo strumento della volontà sabauda

di accentramento del potere.

Ci si dovrà invece chiedere la ragione di un radicamento rapido, an-

che se non indenne da travaglio, in quella che allora era una modestissi-

ma realtà urbana, mentre fallivano analoghe e contemporanee iniziative

in centri apparentemente più favoriti di Torino. E un’ulteriore doman-

da potrà porsi intorno al possibile rovesciamento del rapporto tradizio-

nalmente indicato fra

Studium

e potere principesco: se cioè non sia stata

la presenza di una forte corrente di dottrina giuspubblicistica di indiriz-

zo «baldesco», cioè pavese (è noto che proprio a Pavia si concentrava la

La vita e le istituzioni culturali

629

128

Cfr.

d. bizzarri

,

Gli Statuti del Comune di Torino del 1360

, Torino 1933 (BSSS, 138/1),

con ampia introduzione e bibliografia. La trascrizione della Bizzarri è riprodotta nel volume

To-

rino e i suoi Statuti

cit., pp. 65-138 (

Gli Statuti di Torino del 1360

), corredato dalla riproduzione

fotografica del testo trecentesco del «Codice della Catena» conservato nell’ASCT. Nello stesso

volume si veda il contributo di

g. sergi

,

Interazioni politiche verso un equilibrio istituzionale. Tori-

no nel Trecento

, pp. 13-22. Per un profilo della vita culturale torinese in età preumanistica si può

ancora utilmente ricorrere a

cognasso

,

Vita e cultura in Piemonte

cit., pp. 647-54, con bibliogra-

fia alle pp. 714-15.

129

Cfr.

cognasso

,

Vita e cultura in Piemonte

cit., pp. 651-52; si veda anche

a. m. nada pa-

trone

,

Il Piemonte medievale

, in

nada patrone

e

airaldi

,

Comuni e signorie

cit., pp. 304-7.

130

Ibid

., p. 304 e nota 2.