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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

Risulta impossibile comprendere appieno il valore e la portata stori-

ca delle riforme legislative dello stesso Amedeo VIII (dallo statuto del

1403, attento in particolare agli aspetti giuridico-amministrativi, a quel-

lo del 1423, destinato ad incidere profondamente nell’amministrazione

della giustizia civile e criminale, fino ai

Decreta seu Statuta

, la «riforma

universale» solennemente disposta nel 1430) senza contemporaneamente

pensare a «lunghi studi di giurisperiti»

136

, o, comunque sia, senza av-

vertire accanto al principe la presenza e l’accorto consiglio di giuristi

formati all’esperienza scientifica del diritto comune. Un’attività nor-

mativa pluridecennale come quella di Amedeo VIII, che aspirava «a ren-

dere “comune” ai suoi domini la propria legislazione, più che a render-

la autonoma dallo

ius commune

e derogatoria di questo»

137

, considerato

quale emanazione della potestà imperiale, entro la quale lo stato sabau-

do era formalmente e rigidamente ancora inserito, non s’intende se non

in rapporto ad un preciso ambito giusdottrinale, che è quello della dot-

trina degli statuti, nella sua dimensione più matura, professata da Bal-

do degli Ubaldi a Pavia e accolta dalla letteratura dei secoli

xv

e

xvi

, da

Paolo di Castro a Giason del Maino ad Andrea Alciato, quindi con l’Al-

ciato trapassata in Francia, dove andò a costituire la base della rifles-

sione di un Du Moulin e di un Bodin. Non a torto Isidoro Soffietti e

Gian Savino Pene Vidari, osservando come nel corso del secolo

xv

si at-

tui una progressiva eliminazione della preminenza del

ius commune

sul

diritto principesco, hanno notato che la lenta maturazione dello stato

sabaudo si attua «in un procedimento che risente forse più delle conce-

zioni transalpine che di quelle maturate in Italia»

138

.

In particolare occorrerà valutare l’importanza degli organi come il

consiglio generale di Torino (il

Magnificum consilium citramontanum

o

Consilium Thaurini residens

), creato, significativamente, fra il 1424 ed il

1426 e col quale «lo Studio venne ad essere collegato strettamente»

139

,

e come il

Consilium cum domino residens

, «l’organo centrale della am-

ministrazione statuale»

140

sul quale si polarizzò costantemente l’interes-

136

p. brezzi

,

Barbari, feudatari, comuni e signorie fino alla metà del secolo

xvi

, in

Storia del Pie-

monte

, I, Torino 1960, p. 162.

137

g. s. pene vidari

,

Osservazioni su diritto sabaudo e diritto comune

, in «Rivista di storia del

diritto italiano»,

lii

(1979), pp. 113-25, in particolare p. 115. Cfr. anche

id

.,

Stato sabaudo, giuri-

sti e cultura giuridica nei secoli

xv

-

xvi

, in «Studi Piemontesi»,

xv

(1986), pp. 135-41.

138

id

.,

Osservazioni su diritto sabaudo e diritto comune

cit., p. 120;

i. soffietti

,

Note sui rap-

porti tra diritto sabaudo, diritto comune e diritto locale consuetudinario

, in «Rivista di storia del di-

ritto italiano»,

lvii

(1984), pp. 265-70; cfr. più in generale

i. soffietti

e

c. montanari

,

Problemi

relativi alle fonti del diritto negli Stati sabaudi (secoli

xv

-

xix

)

, Torino 1993, pp. 5-34.

139

cognasso

,

Vita e cultura in Piemonte

cit., p. 653.

140

i. soffietti

,

Verbali del «Consilium cum Domino residens» del ducato di Savoia (1512-1532)

,

Milano 1969, p.

xi

.