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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

presenza di studenti-giuristi di provenienza pedemontana), a fornire l’im-

pianto teorico e la spinta politica, non certo in termini di banale giu-

stificazione e «legittimazione»

ex post

, alle nascenti istanze centraliz-

zatrici e per così dire «assolutistiche» (in parallelo, o di riflesso, a quan-

to avveniva contemporaneamente nella monarchia di Francia, dove il

fenomeno del «nazionalismo giuridico» accompagna e sorregge la crea-

zione dello Stato)

131

.

Si dovrà infine sollevare lo sguardo a quanto accade nel panorama

universitario europeo in quel travagliato torno di anni, vale a dire nel

mezzo della grande crisi dello Scisma d’Occidente e nella temperie cul-

turale che precede i grandi concili di Costanza e Basilea. Come non ri-

cordare la politica universitaria del papato avignonese? Essa influenzò

anche i potentati secolari e si tradusse in un atteggiamento nuovo di

fronte al fenomeno universitario, manifestando decisamente la tenden-

za ad una sempre più frequente concessione del privilegio per l’erezio-

ne di nuovi

studia generalia

. Ciò fu il frutto di una irripetibile conver-

genza tra sviluppo intellettuale, desiderio di città e principi di accrescere

il proprio prestigio attraverso la creazione di un centro universitario, in-

teresse della Chiesa e dei poteri civili alla formazione di un personale

qualificato intellettualmente

132

. Tale politica, che naturalmente tende-

va a sviluppare in primo luogo le facoltà di diritto, favorì ovviamente le

città della Francia meridionale e la stessa Avignone, ma si estese presto

all’Italia centro-settentrionale e all’Europa centrale, dove il mondo ger-

manico era rimasto sostanzialmente estraneo al grande rinnovamento

intellettuale dei secoli

xiii

e

xiv

. Dopo tutto lo Studio torinese ha le sue

origini proprio nella concessione fatta da Carlo IV di Lussemburgo-Boe-

mia ad Amedeo VI per l’istituzione di una università a Ginevra (2 giu-

gno 1365), «che doveva essere il centro del suo Stato alpino»

133

. Si può

dire che l’istituzione dell’università di Torino partecipi di questi moti-

vi, proprio sull’inizio del secolo di maggior travaglio delle cose d’Italia

e nel bel mezzo del conflitto interno alla Chiesa e alla cristianità, che di

131

Per la Francia quattro-cinquecentesca si veda il profilo tracciato da

v. piano mortari

,

Di-

ritto romano e diritto nazionale in Francia nel secolo

xvi

, Milano 1962; per Baldo degli Ubaldi (1327-

1400), il giurista perugino allievo di Bartolo e docente a Pavia, esponente massimo di una dottri-

na degli statuti svincolata dalla più tradizionale teoria della

permissio

, si veda

d. quaglioni

, «

Civi-

lis sapientia». Dottrine giuridiche e dottrine politiche fra Medioevo ed Età moderna

, Rimini 1989, pp.

39-40 e

passim

; cfr. ora in proposito

id

.,

La legislazione del principe e gli statuti urbani nell’Italia del

Quattrocento

, in

gensini

(a cura di),

Principi e città alla fine del Medioevo

cit.

132

Rinvio a quanto osservato intorno alle università dell’età avignonese in

d. quaglioni

,

La

cultura

, in

id.

(a cura di),

La crisi del Trecento e il papato avignonese (1274-1378)

, Cinisello Balsa-

mo 1994 (Storia della Chiesa iniziata da A. Fliche e V. Martin, XI), pp. 367-74.

133

cognasso

,

Vita e cultura in Piemonte

cit., p. 651.